Pnrr, quando i fondi pubblici garantiscono gli interessi delle aziende private
Il caso L'inchiesta sul "cohousing universitario" nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr): "L’assicurazione della ministra sul 20% dei posti cofinanziati non è verificabile"
Il caso L'inchiesta sul "cohousing universitario" nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr): "L’assicurazione della ministra sul 20% dei posti cofinanziati non è verificabile"
L’offerta pubblica di alloggi per studenti non copre il fabbisogno. Ma ci sarebbe anche l’offerta privata, co-finanziata con fondi pubblici. Prima della riforma del Pnrr, almeno il 20% dei posti di gestori che hanno beneficiato di risorse pubbliche doveva essere destinato agli studenti più poveri, quelli definiti come «capaci e meritevoli se pur privi di mezzi» nelle graduatorie per il diritto allo studio.
La percentuale del 20% è fissata da un decreto del 2007, il secondo di attuazione della legge 338 del 2000 che regola la realizzazione e la ristrutturazione delle residenze universitarie. Nel primo decreto del 2001 questa quota era di «almeno il 25%». Nei successivi quattro bandi la percentuale è stata abbassata al 20%, e con i due bandi di attuazione del Pnrr, che ha riformato la legge 338, è scomparsa, sostituita dalla dicitura «prioritariamente». L’avviso per il reperimento di immobili per la seconda fase del Pnrr (il Fondo housing universitario di 660 milioni di euro) rimanda ai successivi decreti la definizione di «quote» di posti da assegnare a studenti nelle graduatorie per il diritto allo studio.
Così i privati che coprono il 75% dell’investimento con risorse pubbliche non hanno alcun vincolo di contribuire a soddisfare il fabbisogno di posti per gli studenti che ne hanno diritto. Questo perché l’obiettivo del Pnrr non è incentivare il diritto allo studio (dicitura che non compare mai nel testo) ma «triplicare i posti per gli studenti fuorisede, portandoli da 40 mila a oltre 100 mila entro il 2026». Non c’è alcuna indicazione di dare priorità agli studenti meno abbienti, ma solo di realizzare posti. E in nessuno dei decreti sono presenti vincoli sulla destinazione dei posti o sui canoni.
È un dirottamento di fondi pubblici (207 milioni di euro dei primi due bandi, 660 milioni del Fondo housing studentesco) da enti pubblici a soggetti privati con scopo di lucro. Il tutto senza alcun monitoraggio degli interventi. Il ministero infatti non pubblica il dato sul numero di posti privati assegnati a studenti idonei. Non si sa neanche se questo dato lo conosca, perché il ministero non ha mai risposto alle richieste di chiarimento sul tema.
Il database del ministero censisce annualmente il numero di posti degli enti per il diritto allo studio e, di questi, il numero di posti assegnati a studenti idonei (borsisti e non borsisti) e non. Ma per gli enti privati, come i collegi di merito (molti gestiti dalla Fondazione Ceur dietro il marchio Camplus, e dalla Fondazione Rui), la banca dati rileva solo il numero di posti letto totali e la spesa per posti assegnati gratuitamente e a tariffa agevolata. Ma non è chiaro se questa voce rappresenti il mancato introito dovuto alla riduzione della tariffa oppure del costo di gestione per posto letto. Dunque l’assicurazione della ministra Bernini agli studenti sulla destinazione agli idonei di almeno il 20% dei posti cofinanziati con il Pnrr non è in alcun modo verificabile. E al di là degli annunci, il ministero non sembra avere intenzione di imporre un vincolo formale. Rispondendo a un’interrogazione della deputata Elisabetta Piccolotti giovedì 18 maggio, Bernini ha detto che il Pnrr serve ad «aprire un nuovo mercato».
La verifica delle proposte di cofinanziamento, la scelta degli interventi, la formulazione delle graduatorie e il loro monitoraggio spetta a una commissione ministeriale, la Commissione paritetica alloggi e residenze, istituita nel 2002 e rinnovata nel corso degli anni. Sul sito web del ministero sono pubblicati solo alcuni dei decreti di rinnovo della Commissione, e non se ne conosce la composizione attuale. Da alcuni dei decreti pubblicati, sappiamo però che della Commissione ha fatto parte, su nomina dello stesso ministero, il presidente della Fondazione Ceur, Patrizio Trifoni. La Fondazione Ceur è dietro il marchio Camplus che ha beneficiato di 84 milioni di euro con i primi bandi di applicazione della 338, e di 108 milioni di euro con i due bandi del Pnrr. Se non è ancora chiaro come diritto allo studio dovrebbe essere garantito dal mercato, quello che si comprende sempre meglio è come i fondi pubblici garantiscono gli interessi privati.
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