Fino a ieri il governo Meloni non aveva ancora pubblicato una relazione sullo stato di attuazione del «Piano nazionale di ripresa e resilienza» (Pnrr) dall’inizio della sua attività. Dopo aver disatteso l’annuncio di una condivisione del documento alle camere a gennaio, la presentazione sembrava essere stata rimandata ad aprile. È arrivata a giugno. È la terza relazione , dopo quelle depositate dal governo Draghi a dicembre 2021 e a ottobre 2022. È un documento da cui dovrebbero emergere i dati sull’avanzamento delle scadenze e quindi delle misure in agenda, utile tra l’altro per capire quali sono i motivi dei ritardi che impediscono, ancora oggi, lo stanziamento della «terza rata» da 19 miliardi di euro e lo slittamento della «quarta». La valutazione sulla terza rata sarebbe comunque «in corso di completamento». La presidente del Consiglio Meloni ha ribadito l’intenzione «di dare piena attuazione a tutto il Piano».

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Dopo le riforme strutturali previste dalla prima parte del piano, con la terza rata entra nel vivo l’assegnazione e la cantierizzazione dei progetti relativi ad infrastrutture di trasporto, strutture per il welfare e reti di comunicazione. Proprio ieri il presidente dell’Anac Giuseppe Busia ha rilevato che «al 28 febbraio 2023, gli investimenti finanziati con le risorse del Piano si sono fermati a circa 25 miliardi di euro, meno del 14% dell’ammontare complessivo previsto». Busia ha sottolineato che «la salita d’ora in poi sarà particolarmente ripida». Entro il 31 agosto 2023 ciascun paese ha la facoltà di richiedere l’accesso alla propria quota di prestito.

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Ieri il commissario Ue all’Economia Paolo Gentiloni ha confermato un’apertura della Commissione alle modifiche del Pnrr. «Stiamo lavorando con il governo per limitare i ritardi, innanzitutto sulle modifiche proposte per introdurre la quarta rata. Dobbiamo ricevere una proposta di rimodulazione generale del piano il prima possibile. Sono circa dieci i paesi che hanno ricevuto il via libera alle loro proposte».

Secondo il ministero delle politiche europee che ha redatto e depositato in parlamento la relazione sul Pnrr ci sono 120 misure in totale in cui sono state riscontrate «criticità». Ci sono pochi dettagli, ma si evince che esistono «squilibri di mercato, impreparazione del tessuto produttivo, scarsa attrattiva degli investimenti previsti» oltre che «errori materiali» e ridefinizione degli «indicatori di rendicontazione».

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Difficoltà che sarebbero dovute anche all’aumento dei costi delle materie prime energetiche, dei costi delle forniture e dalle difficoltà di approvvigionamento causati dall’inflazione, dalla guerra russo-ucraina. Un problema «tale da scoraggiare la partecipazione a procedure di gara, andate deserte». Una versione riconosciuta, si ricorda nel testo, dalla stessa Commissione Ue che parla di «un aumento non prevedibile dei prezzi per l’energia».