Platini e Blatter squalificati per 8 anni
Calcio La condanna per corruzione inflitta dal Comitato etico. «Sentenza già scritta» secondo l'ex fuoriclasse francese, «questo è un modo per farmi fuori» ribatte Sepp
Calcio La condanna per corruzione inflitta dal Comitato etico. «Sentenza già scritta» secondo l'ex fuoriclasse francese, «questo è un modo per farmi fuori» ribatte Sepp
Una consulenza in nero cambia la geografia politica del calcio mondiale. Non c’è sito o notiziario sportivo che ieri non abbia aperto su Joseph Blatter e Michel Platini condannati per corruzione e abuso d’ufficio. Con un colpo al cuore, soprattutto per i nostalgici del pallone degli anni Ottanta. Perché il presidente dell’Uefa, candidato alla presidenza della Fifa sino alla condanna in primo grado a otto anni di squalifica dal calcio (con effetto immediato), viene praticamente cancellato dal panorama sportivo mondiale.
Anche se siamo solo al primo atto della vicenda, che passerà attraverso l’Appello e l’eventuale ricorso al Tribunale di arbitrato dello sport di Losanna. La punizione toccata a Le Roi, a causa di due milioni di franchi svizzeri, ricevuti dalla Fifa nel 2011 (soldi incassati dopo il voto favorevole di Platini ai Mondiali in Qatar voluti da Blatter, che come lo stesso ex fuoriclasse non è riuscito a dimostrare l’esistenza di contratti che giustificassero il pagamento della somma), a saldo di una consulenza svolta tra il 1998 e il 2002 per il massimo organismo del calcio, va a toccare i ricordi, l’immagine di un artista dal tocco pulito che stavolta sembra aver giocato sporco.
La condanna inflitta dal Comitato etico della Fifa accomuna Blatter e Platini, re e principe con obiettivo del trono del calcio mondiale. E simili sono state le reazioni a mezzo stampa, dalla «sentenza già scritta» secondo l’ex asso francese della Juventus, che si è detto non sorpreso e naturalmente in pace con la sua coscienza sino a Blatter, dimissionario da presidente della Fifa, che ha evocato una «spectre» in grado di mettergli i bastoni tra le ruote per i Mondiali 2018 assegnati alla Russia, anziché agli Stati uniti.
«A me dispiace, io non me ne vergogno – dichiara Blatter nella conferenza stampa da lui immediatamente convocata – mi vergogno delle prove che hanno presentato. Il presidente può essere sollevato dalle sue funzioni solo dall’assemblea generale. Sono un uomo di principi a cui non sono mai venuto meno. Ora vengo accusato di aver provato a comprare attraverso Platini i voti per l’elezione. Platini non è mai stato attaccato ai soldi, è una persona onesta. In un certo senso avevamo le stesse idee anche se lui aveva un approccio diverso alla presidenza della Fifa. Non ho mai voluto fare qualcosa contro di lui».
Certo dal vecchio Sepp nessuno sportivo si aspettava niente di buono, soprattutto gli italiani dopo il forfait dello stesso Blatter sul palco di Berlino 2006 per la consegna della Coppa del Mondo agli azzurri di Lippi. Su Platini c’erano aspettative diverse, per un nuovo corso, una gestione pulita del calcio di un addetto ai lavori che ha giocato ad alti livelli e sicuramente in carriera doveva averne viste di tutti i colori. E proprio per questo motivo si sarebbe impegnato a riformare il pallone, mettendo al primo posto l’etica. Fino a qualche tempo fa Platini era un intoccabile, il futuro della Fifa, il candidato per eccellenza alle elezioni che si terranno il 26 febbraio.
Il nuovo e pulito che avrebbe preso a calci il vecchio sistema gestito da Blatter. Invece con Blatter avrebbe fatto affari, anche sporchi. Secondo il comitato etico della Fifa, Platini non solo non avrebbe fornito la prova dell’autorizzazione al pagamento da parte di Blatter ma sarebbe anche in conflitto di interessi.
È bastato un pagamento per una consulenza a far saltare fuori vecchi scheletri. Per Platini è un onta che potrebbe costargli la carriera dirigenziale a cinque stelle e anche il rispetto – parola che ha voluto stampata sulla maglie dei calciatori in Champions League, contro il razzismo – degli appassionati dello sport, dopo aver organizzato i Mondiali francesi del 1998 e dopo i consensi ricevuti da capo dell’Uefa, aprendo le porte della Champions anche a Paesi più piccoli.
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