Sulla direttiva imballaggi, la destra non ce la fa. E i mal di pancia in forza dei quali sperava di modificare il provvedimento in fase di revisione, si trasformano nella promessa di continuare a dare battaglia nel voto finale in Aula, che l’Europarlamento ha in programma nella sessione plenaria con inizio il prossimo 20 novembre.

Ieri la commissione parlamentare Ambiente e sicurezza alimentare (Envi) ha dato il via libera alla direttiva «imballaggi e rifiuti da imballaggio» con 56 sì, 23 no e 5 astenuti. Un provvedimento fortemente voluto da sinistra e ambientalisti – che hanno votato insieme ai centristi di Renew – avversato dalle lobby del packaging e dagli eurodeputati italiani del centrodestra. Spaccato il gruppo dei popolari, con 12 a favore, 3 astenuti e 6 contrari tra cui i forzisti Peppucci e Salini. Quest’ultimo sostiene che con questa legge «le persone, lungi dall’essere aiutate in stili di vita salubri supportati da un sistema virtuoso del riciclo di imballaggi monouso sicuri e garantiti, che trova nell’Italia il modello di eccellenza, vengono gettate in modo irresponsabile dentro l’esperimento di un riuso spinto, la cui utilità ambientale è da dimostrare».

È quindi il riuso motivo del contendere. Compito della commissione Envi era quello di emendare la proposta di regolamento della Commissione Ue. Agli obiettivi generali di riduzione degli imballaggi di plastica gli eurodeputati hanno aggiunto tra l’altro il divieto di vendita di borse in plastica ultraleggere, la fissazione di obiettivi specifici per la riduzione del packaging (10, 15 e 20% rispettivamente entro il 2030, 35 e 40) con l’obbligo che le frazioni in plastica contengano una certa parte di materiale riciclato, la messa al bando di sostanze chimiche persistenti come Pfas o bisfenolo A, potenzialmente tossici, per imballaggi che vengono a contatto con gli alimenti.

Ma soprattutto, un capitolo importante del testo prodotto dagli europarlamentari è dedicato alla valutazione del ciclo vitale degli imballaggi alimentari, anche stabilendo un numero minimo di volte per il riuso. In merito è stata respinta l’ipotesi, avanzata da popolari e conservatori, di esenzione dall’obbligo del riuso per le imprese che praticano alte percentuali di riciclo – riferimento non velato all’Italia, dove il riciclo dei rifiuti è il doppio della media europea (oltre l’83% contro il 40% scarso). Insomma, nel testo finale licenziato ieri, l’intento principale resta quello di ridurre gli imballaggi anche a monte, favorendo la riduzione dei materiali e il riuso, oltre che il riciclo.

Furiosa FdI che definisce Envi «fortino ultra-ecologista». Tirano invece un sospiro di sollievo le organizzazioni ambientaliste, che però vedono un testo indebolito rispetto alla proposta originaria. «Colpa delle pressioni dei grandi inquinatori degli imballaggi monouso», sostiene Marco Musso, dello European environmental bureau.