Una brutta notizia per noi de il manifesto: è morto ieri all’età di 68 anni Pio d’Emilia (con la di minuscola). Brutta perché netto è il ricordo del suo contributo a questo giornale in anni in cui era davvero complesso capire, interpretare l’Asia nella sua multiformità.

Pio negli anni Settanta era ancora inviato del giornale romano Il Messaggero, poi cominciò a collaborare con noi su aspetti difficili come la crisi cambogiana ancora alle prese con quel che rimaneva della guerriglia dei khmer rossi – appoggiata allora dall’Occidente dopo che i vietnamiti e la parte moderata dei khmer rossi cambogiani aveva cacciato dal potere Pol Pot e il suo tragico regime.

Raggiunse «per primo» – la metto tra virgolette perché la vicenda fu a lungo controversa ma alla fine dimostrò che aveva ragione a rivendicarla – la regione di Pailin dove, tra miniere di pietre preziose, corruzione e combattimenti, ancora resistevano gli ultimi guerriglieri.

Soprattutto si appassionò alla questione giapponese. Alle sue mille anime, per una realtà che a prima vista sembrava indecifrabile e ormai oscura, dopo le rivolte studentesche degli anni Sessanta degli Zenjakuren.

Scoprì già allora il singolare parallelo – tra modernità e arretratezza – con la crisi italiana, scopri la ’balena gialla’ (la Dc locale), il partito al potere, e notò l’esistenza nascosta ma incredibilmente forte del Partito comunista giapponese. Così come la memoria delle atomiche di Hiroshima e Nagasaki, parte costitutiva – ora in discussione – della coscienza sconfitta di un popolo.

E quando ci fu la crisi di Fukushima, dello tsunami e della centrale nucleare, corse tra i primi a raccontare la «modernità» di una catastrofe nucleare. Anche lì scoprendo la tragedia degli ultimi, gli operai e i tecnici addetti alle riparazioni dell’impianto e al trasporto delle scorie, mentre governo e società nascondevano la verità.

Fu un lungo reportage che diventò un libro della ManifestoLibri. E che continuò come professionista con Sky tv.

Grazie Pio, testardo come un mulo, gentile come un fiore, del tuo lavoro, del tuo affetto per questo giornale, della tua amicizia.

Alla famiglia e a quanti gli hanno voluto bene l’abbraccio del collettivo redazionale de il manifesto.

Gli articoli firmati da Pio d’Emilia nell’archivio storico del manifesto