Eikoh Hosoe, il dissenso radicale in uno scatto
RITRATTI Addio al fotografo giapponese che ritrasse Mishima. Nel ’59 fondò l’agenzia Vivo, fu anche regista con «Navel and A-Bomb»
RITRATTI Addio al fotografo giapponese che ritrasse Mishima. Nel ’59 fondò l’agenzia Vivo, fu anche regista con «Navel and A-Bomb»
Rendere visibili le cose che non si possono vedere è stata, sin dalle prime sperimentazioni, l’aspirazione di Eikoh Hosoe. La sua morte, avvenuta il 16 settembre scorso a Tokyo (era nato a Yonezawa nel 1933) non è stata riportata dai media. Eppure, Hosoe aveva affidato alla sua macchina fotografica il mondo interiore inquieto della generazione a cui apparteneva, quella che ha dovuto convivere con i postumi della seconda guerra mondiale, con l’occupazione del nemico americano, fino ad arrivare alla nuova guerra di Corea. Cambiamenti che non potevano non riflettersi anche sul linguaggio fotografico.
ACCANTONATA definitivamente l’estetica pittorialista, eredità degli anni Venti e quella del realismo sociale di Domon Ken, i giovani fotografi come Hosoe gridavano il loro dissenso magari nel silenzio meditativo della camera oscura. Pensieri, azioni di rottura che lo stesso Eikoh Hosoe, che era uscito nel 1954 dal Tokyo College of Photography, condivideva con altri fotografi con cui nel ’59 fondò l’agenzia fotogiornalistica Vivo, attiva fino al ’61.
Nel gruppo c’erano anche Shomei Tomatsu, Ikko Narahara e Kikuji Kawada, fotografi che leggevano la rivista Life e conoscevano il lavoro di altri autori, a cominciare da Yasuhiro Ishimoto che aveva studiato con Callahan e Siskind all’Institute of Design di Chicago, nonché di Ed van der Eisken e William Klein, i quali in quegli anni soggiornarono in Giappone. Proprio il linguaggio anticonformista di Klein, che utilizzò la camera oscura di Vivo (il libro Tokyo 1961 è un cult), fu d’ispirazione nell’uso di un chiaroscuro fortemente contrastato, della pellicola a grana grossa, dell’eliminazione dei dettagli e del movimento enfatizzato dallo sfocato destabilizzante.
«GLI ANNI SESSANTA non erano certo anni tranquilli – affermò Hosoe durante un’intervista raccolta a Lucca nel 2009 – Anch’io sentivo che dovevo urlare. Non potevo trovare mezze misure, sfumature: dovevo insistere sui contrasti. Da quest’idea nasce Man and Woman, il lavoro più importante di quegli anni. Avevo ventisei anni quando l’ho realizzato. Ero giovane e vigoroso. Il sesso era, all’epoca, l’argomento affrontato dalla cultura in generale. Gli echi di Sartre e dell’esistenzialismo erano arrivati anche in Giappone. Il sesso, non inteso solo come scambio fisico ma in tutta la sua complessità è proprio la fonte d’ispirazione di questo libro e di tutta la mia poetica di quel periodo».
Straordinario interprete del suo tempo, Hosoe era un uomo di grande cultura e ironia che viene ricordato anche per la sua produzione cinematografica (Navel and A-Bomb è un corto del 1960 che riflette sui radicali cambiamenti delle arti sperimentali in Giappone provocati dalle bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki) ma, in particolare, per il legame con due figure mitiche della danza e della letteratura giapponese, Tatsumi Hijikata fondatore con Kazuo Ohno della danza Butoh e Yukio Mishima. L’incastro perfetto accadeva a Tokyo in una notte della primavera ’59 durante lo spettacolo d’avanguardia Kinjiki (Forbidden Colours) – tratto dall’omonimo romanzo di Mishima – in cui sul palco con il coreografo e danzatore Hijikata c’era un pollo vivo: alla fine della performance, il danzatore gli tirò il collo facendo schizzare il sangue ovunque.
MISHIMA ERA tra gli spettatori ma con Hosoe si conobbero solo successivamente quando lo stesso scrittore gli chiese di ritrarlo. Tra l’autunno del 1961 e l’estate ’62 il fotografo tornò più volte nella sua villa per ritrarlo in un’interpretazione del tutto soggettiva. Quando il lavoro fu pubblicato per la prima volta, nel ’63, scelsero insieme il titolo Ba Ra Kei (la punizione di una rosa) – Ordeal by roses nella versione di Aperture (1985) – con il progetto grafico di Kiyoshi Awazu. Proprio mentre stavano lavorando alla seconda edizione del libro – Mishima aveva scelto i titoli per ogni capitolo, l’ultimo sarebbe stato «Death» (morte) – il 25 novembre 1970 lo scrittore si tolse la vita in diretta televisiva con il seppuku, l’antico rituale dei samurai. Il suo testamento visivo rimane la potentissima fotografia Ordeal by Roses#32 (1962), dove Eikoh Hosoe fa emergere lo sguardo magnetico dell’uomo dal fondo nero compatto in un’ambigua rincorsa di naturalezza e teatralità.
Il volto di Mishima è per metà in ombra e per l’altra metà illuminato dalla luce di taglio e quella rosa tra le sue labbra, un eterno inno all’amore e alla morte, alla fragilità e alla forza, alla sessualità, all’erotismo, alla passione, all’arte.
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