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AKD presidente, lo Sri Lanka sterza a sinistra

Elettori di Anura Kumara Dissanayake in piazza (Ap)Sostenitori di Anura Kumara Dissanayake, noto come AKD, in festa a Colombo (Sri Lanka) – foto Ap

Asia Anura Kumara Dissanayake, 55 anni, leader marxista-leninista e candidato di rottura dopo la fuga di Rajapaksa, vince le elezioni. Primo passo, rinegoziare l’austerity concordata con il Fondo monetario

Pubblicato 3 giorni faEdizione del 24 settembre 2024

Anura Kumara Dissanayake, 55 anni, meglio noto in patria con l’acronimo AKD, ha vinto al secondo turno la tornata elettorale conclusa domenica 22 settembre, emergendo come il candidato di rottura che quasi sei milioni di elettrici ed elettori hanno voluto premiare nella speranza di dare una sterzata netta al Paese.

Dissanayake è il leader del Janatha Vimukthi Peramuna (JVP), partito marxista-leninista evoluzione del gruppo rivoluzionario al centro di due sanguinose insurrezioni negli anni Settanta e Ottanta, entrambe fallite. Ora, a capo della coalizione socialista National People’s Power, Dissanayake è chiamato a dare seguito concreto alla sua vittoria, già di per sé evento di rilevanza storica in Sri Lanka.

FINO A CINQUE ANNI FA il JVP aveva sempre navigato intorno a percentuali misere, mai sopra il 5%. Poi, nel 2022, la peggior crisi economica dello Sri Lanka si è abbattuta su oltre 22 milioni di cittadine e cittadini in balia della famiglia Rajapaksa, una delle dinastie politiche più potenti dell’Asia Meridionale.

Gli effetti della pandemia avevano colpito duramente l’economia srilankese e l’esecutivo guidato da Gotabaya Rajapaksa era stato costretto alle dimissioni di fronte a proteste di massa contro corruzione, inflazione al 70% e debito pubblico alle stelle, oltre 83 miliardi di dollari: impossibile comprare cibo o medicine, ad aprile lo Sri Lanka aveva dichiarato default.

Al culmine della protesta, mentre la folla saccheggiava la residenza presidenziale, Rajapaksa è fuggito alle Maldive a bordo di un aereo militare. Quando l’esecutivo è passato al presidente ad interim Ranil Wickremesinghe, Dissanayake ha cominciato la sua scalata presidenziale.

NEL SUO PRIMO DISCORSO presidenziale, Dissanayake ha detto: «Non sono un mago. Sono un cittadino comune. Ci sono cose che conosco e altre che non conosco. Il mio obiettivo è raccogliere chi ha competenze e capacità per aiutare a risollevare il Paese».

Personalità come la sua compagna di partito Harini Amarasuriya, già accademica e attivista per il diritto allo studio e la protezione dei minori. Amarasuriya è una dei soli tre deputati comunisti eletti alle ultime parlamentari e si dice sia la favorita per la carica di prima ministra.

Lo scoglio parlamentare è il problema in cima alla lista del nuovo presidente. Dopo la fuga di Rajapaksa nel 2022 non ci sono state nuove elezioni parlamentari e i 225 seggi dell’assemblea ancora rispecchiano i risultati delle precedenti elezioni, quando i marxisti del JVP erano solo la terza forza politica nel Paese. È probabile che si andrà a nuove elezioni molto presto, sperando in una campagna elettorale e in operazioni replica delle presidenziali, quando con un’affluenza vicina all’80% lo Sri Lanka ha eletto il suo nuovo presidente senza alcuno spargimento di sangue.

POI C’È LA QUESTIONE del debito pubblico e del prestito concordato dall’amministrazione precedente col Fondo monetario internazionale (FMI).

Un’apertura di credito da 2,9 miliardi di dollari che l’FMI aveva accordato a fronte di misure di austerità durissime che ora Dissanayake intende ridiscutere per alleviare la stretta sulla popolazione.

Infine, lato interno, la sfida sarà tenere insieme una società civile ancora fortemente divisa lungo linee di demarcazione etniche e religiose ereditate da oltre vent’anni di guerra civile, formalmente chiusa nel 2009. La minoranza tamil del nord – hindu – ancora attende iniziative di giustizia retributiva che dovrebbero coinvolgere la maggioranza sinhala, a cui si aggiungono episodi di discriminazione che continuano a colpire le minoranze musulmana e cristiana.

CINA E INDIA, le due potenze regionali che si contendono il favore di un’isola dall’alto valore geostrategico, osservano gli sviluppi con interesse e stanno prendendo le misure al nuovo presidente, il più a sinistra della storia dello Sri Lanka.

Pechino, che detiene 7 miliardi di debito estero srilankese su 36, conta di proseguire gli investimenti infrastrutturali in seno alla Via della Seta: porti e aeroporti in Sri Lanka che la Cina ha già realizzato, già controlla e che ora intende potenziare, mentre Dissanayake vorrebbe tutelare maggiormente gli «asset strategici nazionali» evitando partecipazioni straniere troppo onerose. Posizione che dovrebbe complicare anche l’avanzata di investimenti indiani.

A partire da una centrale eolica da 442 milioni di dollari che il gruppo Adani – vicinissimo al premier Narendra Modi – dovrebbe realizzare nel nord del Paese, da mesi è al centro di polemiche per appalti truccati e vincoli ambientali non rispettati.

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