Una gaffe. Forse qualcosa di più, forse qualcosa di meno. Certo è che il vicepresidente del Csm Fabio Pinelli non si aspettava che le sue parole avrebbero scatenato una polemica. Pensava di potersi limitare alla somministrazione ai cronisti accorsi alla sua conferenza stampa qualche numero sull’annata appena trascorsa. Ma poi qualche parola di troppo è sfuggita. «Il Csm non è la terza camera», ha detto.

«In questa consiliatura abbiamo fatto un lavoro straordinario – ha proseguito -, ma a nostro avviso in quelle precedenti il Consiglio ha perso la funzione che aveva originariamente, spostandosi verso un’attività politica impropria». Un bel problema perché, se è chiaro che il riferimento è al passato consiglio, il discorso non può non coinvolgere anche chi il Csm è chiamato a presiederlo: il presidente della Repubblica.

Da qui il fuoco di fila: Mattarella è a conoscenza di questa posizione del suo vicepresidente? E la condivide? Pinelli ne esce da avvocato, puntualizzando e specificando. «Il presidente della Repubblica è evidentemente a conoscenza passo dopo passo dell’attività del Csm e dell’impostazione che viene data dal vicepresidente». Quindi dovrebbe fare autocritica per i deragliamenti del passato?

E Pinelli: «Non c’è assolutamente nulla da rimproverare al presidente». Pinelli rivendica poi la linearità del suo discorso, aggiungendo che Mattarella «non ha mai consentito o autorizzato una funzione dell’organo che la Costituzione non gli ha assegnato, ma non corrisponde a narrazione corretta e franca se non si ricordassero le dimissioni di cinque consiglieri. Quindi qualcosa non ha funzionato». Inevitabile, a questo punto, la coda di polemiche.

«Nel nostro Consiglio la politica non è mai entrata e non so se tutti possono dire la stessa cosa», sbraita l’ex vicepresidente David Ermini che, non a torto, si è sentito attaccato da Pinelli. Critiche anche dal Pd, dove c’è chi si dichiara «sbalordito» e chi si dice «attonito» per le uscite del vicepresidente.