Economia

Pil, l’Italia ancora molto indietro (-7%) rispetto ai livelli pre-crisi

Pil, l’Italia ancora molto indietro (-7%) rispetto ai livelli pre-crisiIl premier Paolo Gentiloni e il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan

Rapporto Istat Germania, Francia e Spagna hanno già recuperato. Dal governo nessuna data per il referendum su appalti e voucher: siamo già al 36esimo giorno dalla sentenza della Consulta che ha autorizzato i due quesiti

Pubblicato più di 7 anni faEdizione del 4 marzo 2017

La «ripresina» italiana è ancora ben lontana dal farci recuperare i livelli di Pil pre-crisi: secondo l’ultimo rapporto Istat il livello del Prodotto interno lordo italiano del 2016 «è ancora inferiore di oltre il 7% rispetto al picco di inizio 2008 e solo nel 2016 ha superato quello del 2000». Differente, e decisamente più positiva, la situazione di altri paesi: «In Spagna il recupero è quasi completo, mentre Francia e Germania, che già nel 2011 avevano recuperato i livelli pre-crisi, segnano progressi rispettivamente di oltre il 4% e di quasi l’8%», spiega l’Istat.

Positivi gli aumenti congiunturali e tendenziali, finalmente l’Italia vede se non altro una cifra tonda, uscendo dallo zero-virgola: nel quarto trimestre del 2016, infatti, il Pil è cresciuto dell’1% sull’anno (corretta però al ribasso la stima preliminare diffusa due settimane fa: era 1,1%), mentre rispetto al trimestre precedente la crescita è stata dello 0,2%.

È l’ex premier Matteo Renzi, impegnato nella corsa alla segreteria del Pd, a tentare una lettura positiva, con un post su Facebook: «Abbiamo preso un Paese che stava al -2% e lo lasciamo col segno più davanti, finalmente. Naturalmente c’è ancora molto da fare, ma per chi ama i bilanci possiamo dare i dati definitivi dei mille giorni: dal secondo trimestre 2014 al quarto trimestre del 2016 il Pil è aumentato del 2% (export +10%; investimenti +6%; industria +4%». Poi Renzi ricorda i «680 mila posti grazie al Jobs Act », concludendo: «Si può dire che abbiamo lasciato la guida del Paese meglio di come l’avevamo trovata. Ma sappiamo che non basta. E per questo stiamo costruendo i prossimi mille giorni».

Soddisfazione anche dal ministero dell’Economia, ma in tutto questo rosa il governo ancora una volta ha «dimenticato» di fissare una data per il referendum su appalti e voucher promosso dalla Cgil. Oggi, come ricorda con cadenza quotidiana il sindacato, siamo già al trentaseiesimo giorno trascorso dalla sentenza della Consulta che ha promosso i due quesiti: la Cgil chiede un election day unico, mettendo insieme la consultazione sul lavoro e le elezioni amministrative. Rappresenterbbe un beneficio sia per le casse pubbliche che per le lezioni scolastiche, interrotte solo una volta.

Sul nodo della data ieri hanno protestato Giulio Marcon e Loredana De Petris, capigruppo di Sinistra italiana alla Camera e al Senato: «Neppure oggi il governo ha fissato la data del referendum sul lavoro. Questa melina è ormai scandalosa e insultante per gli elettori e per il rispetto delle regole democratiche», hanno scritto in una nota, annunciando una manifestazione-presidio oggi in via Veneto a Roma, davanti al ministero del Lavoro.

Tornando ai dati del Pil, l’Istat nel suo rapporto ha sottolineato che l’Italia resta un paese «complessivamente poco internazionalizzato rispetto alle maggiori economie europee»: nel 2015 la quota di investimenti diretti esteri (Ide) sul Pil (25,9% in uscita e 18,6% in entrata) è meno della metà di quelle di Francia, Germania, Regno Unito e Spagna. Tuttavia, rileva l’istituto di statistica, tra il 2008 e il 2014 il numero di addetti delle controllate all’estero nella manifattura è aumentato di 110 mila unità (+14,5%), arrivando a quasi 860 mila addetti.

In uno studio di Coldiretti, infine, si segnala che il settore agricolo è al contrario in calo: -3,7%. Tra le cause, l’effetto della deflazione nei campi, che ha tagliato i prezzi riconosciuti agli agricoltori, in alcuni casi scesi sotto i costi di produzione.

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