Piero Ottaviano, panoramiche malinconie
Mostra «Barrio San Leopoldo» al Phos di Torino fino al 14 luglio
Mostra «Barrio San Leopoldo» al Phos di Torino fino al 14 luglio
L’ordine nel disordine di un’architettura stratificata che racconta storie di un’umanità inquieta e disincantata, come quella uscita dalla penna di Pedro Juan Gutiérrez o di Leonardo Padura Fuentes, anche questo affiora (sebbene in modo quasi impercettibile) dalla visione di Piero Ottaviano (Torino 1967). Nella mostra personale «Barrio San Leopoldo», realizzata con la collaborazione di Gruppo Building al Phos Centro Fotografia Torino (fino al 14 luglio), il fotografo autodidatta presenta una serie di 25 immagini fotografiche scattate a L’Avana in cui la scenografia del caratteristico quartiere, nel centro storico della capitale cubana, offre suggestivi spunti di riflessione sul rapporto uomo/architettura/spazio urbano.
Se le inquadrature panoramiche di Ottaviano potrebbero apparire impermeabili al sentimento di struggente malinconia che trasuda dagli antichi edifici ma che (malgrado l’apparenza) sono circondati da una vitalità esuberante, si avverte comunque la presenza indiretta dell’impellente memoria dei colori pastello dei muri scrostati e decadenti, dell’odore di salsedine e sudore, delle voci che si rincorrono intrecciandosi alle risate fragorose, alle note musicali della salsa cubana, al rombo del motore delle auto d’epoca, alle note pizzicate dalle corde di un tres.
«Nella mia interpretazione dello spazio percepisco il soggetto quando inserito in un preciso contesto, in relazione con il resto.» afferma Ottaviano «La fotografia panoramica mi permette di ottenere una prospettiva globale, anche grazie alle preziose macchine costruite da Giorgio Jano (fotografo e costruttore di speciali apparecchi fotografici per riprese panoramiche e zenitali è autore di diverse pubblicazioni tra cui con Domenico Prola Architetture barocche in Piemonte, 2010 – ndr), che riescono a trasmettere anche la mia visione.» Del paesaggio umano c’è traccia proprio in quelle «pietre» di diversi stili che affacciano sul lungomare del Malecón, tra il Paseo del Prado e Belascoain, nella sua veste di luogo iconico e immaginifico souvenir di viaggio. È una fotografia lenta quella del fotografo torinese che usa la pellicola per fotografia aerea al posto della più consueta 35mm per dare continuità al racconto. Giorgio Jano e Piero Ottaviano, tra l’altro, sono co-autori del volume Torino Milano: cinquanta fotografie senza mirino (2014). «L’assenza del mirino conferisce un carattere particolare al rapporto fotografo-camera-soggetto, rendendo impossibile stabilire in maniera metodicamente programmata l’inquadratura, e quindi ottenendo un risultato difficilmente ripetibile.» In questa narrativa in cui la realtà è protagonista in tutta la sua immediatezza c’è un margine di non detto, magari nel cielo nuvoloso nell’orizzonte marino o in quella luce accesa del lampione lungo il confine tra il giorno e la notte. Una luce che accarezza gli edifici come fossero volti a cui il segno del tempo conferisce una diversa bellezza.
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