«Salario minimo e politica salariale, lotta alla precarietà, emergenza ambientale, nuovo welfare, diritti civili, gestione del Pnrr, sostegno alle imprese e alle famiglie» è l’agenda per battere la destra dell’europarlamentare Pd (ed ex assessore alle Politiche sociali nella giunta Sala) Pierfrancesco Majorino.

Gli accordi elettorali con i partiti di centro non rischiano di sbilanciare a destra la proposta per il paese?
Bisogna tenere conto della legge elettorale, che è orrenda. Ma condivido molto l’impostazione del segretario Enrico Letta che premia i contenuti: l’agenda del Pd sarà caratterizzata dalla questione sociale, dal salario minimo, dai temi del lavoro, della rivoluzione ambientale, ancoraggio ineluttabile all’Europa. Tutto ciò si poteva affrontare in modo più attento se il governo non fosse caduto ma questa è una sciagurata responsabilità che si è assunto Conte oltre che la destra sovranista.

Sala ha chiuso a qualsiasi accordo con i 5S anche a livello locale.
Credo che si debba valutare caso per caso e in Lombardia vedremo nei prossimi mesi. Fino ad ora l’opposizione al governatore Attilio Fontana è stata fatta in modo unitario.

Calenda, Sinistra italiana e Verdi, come si tiene insieme uno schieramento così ampio?
La nostra agenda è salda. Mi auguro che nelle liste dem trovino posto personalità di sinistra come Roberto Speranza ed Elly Schlein. Il dialogo è stato avviato con i rosso verdi, con Luigi Di Maio e Beppe Sala. Interlocuzioni in più direzioni ma questo perché la legge elettorale lo impone. Ciò che conta è la proposta del Pd e su di essa non ci sono equivoci. Dall’altro lato c’è la destra di Meloni e Orban, non mi scandalizzo se occorre fare alleanze ampie. Detto questo, non imbarcherei mai Gelmini, Brunetta e company. Non ne abbiamo nessun bisogno e rischiamo il paradosso di dare a Conte un argomento. Però prendo atto che la direzione di marcia è diversa.

Tra le priorità c’è un nuovo welfare. Il reddito di cittadinanza va tenuto?
Il grande problema dell’Italia, lo dico da copresidente dell’intergruppo del parlamento europeo sula lotta alla povertà, non è avere il Rdc ma non aver avuto per decenni, unico paese europeo insieme alla Grecia, alcun tipo di sostegno al reddito. Si è accumulato un tragico ritardo, si sono fatte in questi anni campagne d’odio contro i poveri da parte della politica, del mondo dell’industria. Il Rdc va migliorato perché non è uno strumento di inserimento nel mercato del lavoro ma di sostegno al reddito per chi non ce la fa. Invece siamo passati dal dire che sconfiggeva la povertà al farci i referendum contro. Va migliorato ma sicuramente tenuto.

La campagna elettorale è appena iniziata e la destra ha già ricominciato la propaganda anti migranti.
Salvini e Meloni faranno a gara per interpretare il campione dell’odio verso i migranti ma dobbiamo ammettere che l’impostazione del centrosinistra in questi anni è stata totalmente sbagliata in vari passaggi. Non possiamo dimenticare la sciagura dei campi in Libia e non siamo esenti da profonde responsabilità. Sul dl Missioni oggi (ieri ndr) il Pd non ha votato il rifinanziamento della Guardia costiera libica, spero che sia il segno di un profondo ripensamento della proposta dem.

Anche sulla transizione ecologica le posizioni degli interlocutori del Pd sono divergenti.
Il parlamento Ue ha indicato con chiarezza la strada. Le misure del Green deal o il pacchetto Fit for 55 vanno nella direzione di coniugare rivoluzione ambientale e questione sociale, che non può essere utilizzata come una scusa per non fare le politiche ambientali. Su questo punto il governo Draghi ha volato molto basso, utilizzato la questione sociale per evitare di affrontare la transizione ecologica. È una strada, invece, da intraprendere con decisione proteggendo, contestualmente, chi rischia di pagarne il prezzo. Sul nucleare poi nessun tentennamento: il gruppo Pd in Europa ha votato con i Verdi contro l’inserimento del nucleare nella tassonomia europea, una scelta concordata con Letta. Questa è la posizione da tenere.