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Pfas, fermata la produzione della Solvay

Pfas, la protestaPfas, la protesta

Greenpeace A seguito di controlli ambientali effettuati da Arpa Piemonte che hanno certificato il mancato rispetto delle emissioni di Pfas nell’ambiente, nei giorni scorsi la Provincia di Alessandria ha inoltrato alla […]

Pubblicato 4 mesi faEdizione del 13 giugno 2024

A seguito di controlli ambientali effettuati da Arpa Piemonte che hanno certificato il mancato rispetto delle emissioni di Pfas nell’ambiente, nei giorni scorsi la Provincia di Alessandria ha inoltrato alla Solvay (oggi Syensqo, l’unico stabilimento in Italia che tuttora produce queste pericolose sostanze) due diffide intimando allo stabilimento chimico di rispettare i livelli di emissioni consentiti. La provincia ha inoltre imposto allo stabilimento il fermo delle produzioni per 30 giorni.

Dopo anni di silenzi e inquinamento, finalmente gli enti pubblici adottano un primo provvedimento per tutelare l’ambiente e la salute umana dalla produzione di PFAS da parte di Solvay. Ci auguriamo che questa sia solo la prima di una serie di iniziative degli enti preposti per imporre all’azienda il limite di scarichi zero in aria, acqua e terreni.

In un territorio già pesantemente sacrificato alle logiche del profitto a scapito della collettività, gli enti preposti devono mettere in atto ulteriori provvedimenti affinché non venga disperso nell’ambiente un singolo nanogrammo di Pfas e che si proceda, nel tempo più breve possibile, alle operazioni di bonifica. È il momento che le autorità decidano di schierarsi definitivamente a tutela delle comunità locali anziché degli inquinatori.

Nelle ultime settimane l’azienda è stata al centro di rilasci di Pfas particolarmente gravi (schiume nel fiume Bormida) e gli esiti di indagini di Arpa Piemonte hanno evidenziato elevati livelli di inquinamento sia nelle acque che nei terreni. Alcune ricostruzioni giornalistiche hanno identificato il sito alessandrino come quello più inquinato da Pfas in tutta Europa. Nel 2007 l’azienda era stata già individuata come principale fonte di Pfas nel bacino del Fiume Po e recenti indagini condotte da Greenpeace Italia hanno evidenziato come le molecole prodotte unicamente nel sito alessandrino (cC6O4) siano state ritrovate nelle acque potabili di diversi comuni molto distanti dal polo chimico: non solo nella città di Torino, ma anche in numerosi comuni della Valle di Susa e alcuni della Provincia di Sondrio in Lombardia.

Passando a un quadro più nazionale, solo pochi giorni fa una nostra inchiesta, basata su dati Ispra raccolti tra il 2019 e il 2022, ha mostrato come la contaminazione da Pfas sia presente in tutte le Regioni italiane in cui sono state effettuate le indagini nei corpi idrici (fiumi, laghi e acque sotterranee). Malgrado l’ampia diffusione di questo inquinamento, nella maggior parte del nostro Paese i controlli sono ancora pochi, frammentari o addirittura assenti, tanto che la reale portata della contaminazione è ancora sconosciuta.

Secondo il rapporto di Greenpeace Italia «la contaminazione da Pfas in Italia», queste sostanze sono state rinvenute in quasi 18 mila campioni, pari al 17% delle analisi effettuate dagli enti preposti tra il 2019 e il 2022. Per tutelare l’ambiente e la salute delle persone, gli Stati Uniti e diversi Paesi europei hanno già adottato dei limiti all’uso dei Pfas, sostituendoli con alternative più sicure già disponibili. Chiediamo alle istituzioni italiane di seguire l’esempio con una legge nazionale che vieti l’uso e la produzione di queste pericolose sostanze.

* Dip. Comunicazione Greenpeace Italia

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