Perché la riforma è dannosa da una prospettiva femminista
Appello "Con il nostro No ci uniamo ad altri soggetti insubordinati ed esclusi, a chi cerca vie d’uscita dal precariato, a chi vuole accogliere i migranti e a chi costruisce reti di intimità e cura al di fuori della famiglia nucleare"
Appello "Con il nostro No ci uniamo ad altri soggetti insubordinati ed esclusi, a chi cerca vie d’uscita dal precariato, a chi vuole accogliere i migranti e a chi costruisce reti di intimità e cura al di fuori della famiglia nucleare"
“Il 4 dicembre mi tengo libera. Io voto no”: è uno degli slogan che lanciamo come “Femministe per una Costituzione Fica”. È un invito esplicito a non astenersi e a votare No, perché “questa riforma ci tocca e quando le donne dicono No, è No”.
In cosa il No femminista è diverso dagli altri No
Una riforma come quella proposta ostacola il nostro agire politico come femministe, perché riduce gli spazi di democrazia e confronto. Limita la politica a una questione di governabilità e rafforza i poteri dell’esecutivo, espressione di una minoranza che si fa maggioranza schiacciante e decide per tutti. Come femministe lavoriamo nei territori per avere maggiore partecipazione, per creare alternative all’autoritarismo, al maschilismo che ancora dilaga nei posti di lavoro e nei luoghi della politica, alle misure di austerità che con tagli alle spese sociali e con privatizzazioni colpiscono le donne più degli uomini. Per tutto questo diciamo “no” e da qui partiamo per rinnovare la nostra attuale Costituzione. Sono altre, infatti, le modifiche alla Costituzione che potremmo sostenere: dall’eliminazione del pareggio di bilancio all’inserimento di una chiara formulazione del diritto alla casa, alla riscrittura dell’articolo 29 che definisce la famiglia “società naturale”, fino a chiarire che il lavoro su cui si fonda la Repubblica non è solo quello produttivo, ma anche quello riproduttivo.
I punti più dannosi della riforma da una prospettiva femminista
Con questa controriforma torniamo a una concezione del potere come qualcosa che appartiene a un piccolo gruppo di persone che con una legge elettorale iper-maggioritaria può facilmente ottenere una maggioranza decisiva alla Camera dei deputati (340 su 630 seggi). Sarà solo questa Camera a dare la fiducia al governo e a deliberare lo stato di guerra. Sarà un’artificiosa maggioranza a controllare l’elezione del presidente della repubblica, dei giudici costituzionali e dei membri laici del consiglio superiore della magistratura. In altre parole, non ci saranno contrappesi al “capo” – come lo chiama l’Italicum – che “guida” la lista che vince le elezioni. Il Senato diventerà una farsa, dovendo rappresentare istituzioni territoriali svuotate di ogni autonomia dal governo centrale. L’unica cosa certa è che non avremo più il diritto di eleggere i componenti del Senato. Non si tratta delle “dittatura della maggioranza”, ma dello strapotere di una minoranza. Per di più questa minoranza approverà le leggi secondo procedimenti legislativi molto complessi. Sarà sempre più difficile quindi esercitare alcun controllo politico. Questa riforma infatti parla una lingua burocratica che allontana la cittadinanza dalla cosa pubblica. Noi invece troviamo fondamentale che la Costituzione sia scritta in un italiano facilmente comprensibile a tutte/i.
Il nostro No si coalizza con il No di altri gruppi
Con il nostro No ci uniamo ad altri soggetti insubordinati ed esclusi, a chi cerca vie d’uscita dal precariato, a chi vuole accogliere i migranti e a chi costruisce reti di intimità e cura al di fuori della famiglia nucleare. Non abbiamo niente a che spartire con chi, come Salvini e Adinolfi, strumentalizza questo voto per perseguire campagne razziste e omofobe. Noi ci uniamo a tutte le donne, gli uomini e le soggettività che assumono il conflitto fra i sessi come un terreno per lottare contro altre diseguaglianze e discriminazioni. Diciamo No con chi si batte contro il verticalismo del potere, le facili guerre, il parlamento ostaggio del governo, lo svilimento del diritto di voto, l’aumento dei procedimenti legislativi, i governi di false maggioranze. E poi, non dimentichiamoci, che questa è una riforma voluta da un governo sostenuto da un parlamento eletto con una legge elettorale già dichiarata incostituzionale.
Per noi, questa volta, è importante non astenersi
Quello del 4 dicembre non è un voto per elezioni amministrative o politiche. Per alcune di noi è difficile trovare rappresentanza istituzionale e, quindi, l’astensione o l’annullamento della scheda elettorale può sembrare la scelta migliore. Questo referendum è diverso. Non solo non c’è quorum, ma si vota per respingere una controriforma che, in nome della governabilità e dell’efficienza, renderà l’Italia sempre più facile preda dei biechi interessi, nazionali e sovranazionali, delle politiche di austerità neoliberiste indirizzate dalle grandi società finanziarie come J.P.Morgan o dai gruppi alla Bilderberg. L’attuale Costituzione resta una delle migliori al mondo, per i suoi contenuti, le finalità e anche per la forma. La Costituzione, infatti, deve essere facilmente comprensibile a tutte e tutti in modo che ciascuna possa verificare che venga rispettata e attuata. Una Costituzione illeggibile, quale quella profilata dalla riforma, è utile solo a chi vuole evitare che si rivendichino i diritti e i principi in essa garantiti. Noi vogliamo andare oltre, non possiamo certo tornare indietro.
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Femministe per una Costituzione Fica
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