Italia

Perché la Liberazione è la nostra festa

Perché la Liberazione è la nostra festa

25 aprile 25 aprile ’94, contro le destre al governo "il manifesto" scese in piazza a Milano. Non ci aspettavamo che venissero anche loro

Pubblicato più di un anno faEdizione del 25 aprile 2023

Mi ricordo un ragazzo di Tivoli, un giovane antifascista, che mi disse una volta: «il 25 aprile è la festa mia».
Ecco, la festa mia , la festa nostra – non la festa di tutti. Perché è normale che in un mondo così vario esistano anche i fascisti, e allora deve esser ben chiaro che – anche se sono tanti, anche se sono potenti – il 25 aprile non è festa per loro. Quasi trent’anni fa, quando andarono al potere Berlusconi, Fini e Bossi, il manifesto promosse per il 25 aprile una memorabile manifestazione a Milano; ebbene, non ci aspettavamo certo che venissero anche loro insieme a noi quel giorno.

Dicono che il 25 aprile è una festa divisiva. Hanno torto e hanno ragione. Hanno torto perché noi vorremmo che tutti condividessero quei valori di libertà che celebriamo insieme, e quindi tutti sono invitati. Ma hanno anche ragione: proprio perché è una festa di libertà non pretendiamo che chi non è d’accordo ci debba venire per forza. Non è la festa loro, e se ci venissero di malavoglia ce la rovinerebbero. Le feste del calendario civile non sono feste di precetto: chi non ha niente da festeggiare non ci venga, il primo maggio non è la festa degli sfruttatori, l’otto marzo non è la festa di chi rifiuta l’uguaglianza e la differenza (e d’altronde sono divisive pure le feste di precetto: basta pensare a quello che succede negli Stati Uniti, dove se dici “buone feste” invece di “buon Natale” sei un nemico della patria e della religione e fai piangere Gesù. D’altra parte, nessuno obbliga più chi non è cristiano ad andare alla messa della vigilia).

Perciò ha perfettamente ragione Valentina Cuppi, sindaca di Marzabotto: «Non ci sarà mai posto sul palco di Monte Sole per persone che hanno preso posizioni discriminatorie o che hanno manifestato nostalgia per il fascismo, perché celebriamo appunto la liberazione dal nazifascismo». Noi quel giorno ci ricordiamo le persone che i fascisti e i nazisti hanno ucciso, e festeggiamo la nascita di una democrazia che permette anche agli eredi dei massacratori di continuare a essere fascisti – ed è contro i valori del 25 aprile pretendere che le persone si fingano diverse da quello che sono. A suo modo, la loro esistenza dimostra che abbiamo ragione noi.

Per questo, vale la pena di fare una chiosa al resto della dichiarazione di Valentina Cuppi: «Per essere a Marzabotto il 25 aprile bisogna essersi dichiarati antifascisti». In realtà, anche se lo facessero, dichiararsi non fascista non basta; per essere invitati alla festa, bisogna che smettano di esserlo. Una delle norme più alte del cristianesimo, che si può ammirare profondamente anche da non credenti, è «ama il tuo nemico»: ebbene, la nostra carità cristiana verso il povero La Russa e i suoi pari vorrebbe che si convertissero, cambiassero e si convincessero a venire con noi – in questo senso, l’invito è sempre valido e la festa è aperta a tutti. Ma siccome la cosa è poco probabile, non mi dimentico che la norma cristiana, per quanto ci imponga di volergli bene, tuttavia non ci dice di dimenticare che il nemico resta nemico, e che – senza desiderarne morte e distruzione (cose che non appartengono a noi antifascisti) il tuo compito è ancora di continuare a combatterlo per impedire che continui a fare del male.

Per questo penso che sia fuorviante la polemica sulla bara e la fiamma nel simbolo della Meloni, o altre espressioni del genere. Finché quel simbolo c’è ed è esibito ad ogni angolo di strada, per noi è un campanello d’allarme. A loro serve per ricordarsi chi erano e chi sono – e per la stessa ragione serve anche a noi. Non ci serve tanto a rifare le battaglie del ’43-’44 (che loro stessi ossessivamente evocano con le stupidaggini sui morti delle Ardeatine «solo perché italiani» o sui «musicisti» armati di mitra a via Rasella), ma ad allertarci sul modo in cui quelle battaglie continuano oggi.

Quale che sia il loro simbolo, quali che siano le dichiarazioni formali o gli atti di presenza, continueranno a essere fascisti nell’anima finché continueranno a governare con la paura, a voler rilegittimare la pratica della tortura, ad accanirsi contro i poveri e i disoccupati, a rifiutare la cittadinanza a bambini nati da famiglie diverse dal loro modello unico o da genitori nati fuori dai sacri confini, ad erodere il diritto di scelta delle donne; finché continueranno trattare come un’emergenza e una minaccia il desiderio di vita e di libertà di chi arriva ai nostri confini a trattare l’aria, l’acqua e la terra come una merce, e così via. Il giorno che riusciremo a farli smettere, saremo contenti di averli con noi. Fino allora, il 25 aprile la festa è nostra.

ABBONAMENTI

Passa dalla parte del torto.

Sostieni l’informazione libera e senza padroni.
Leggi senza limiti il manifesto su sito e app in anteprima dalla mezzanotte. E tutti i servizi della membership sono inclusi.

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento