Ieri mattina fuori dalla Procura di Bergamo è stato il momento della commozione per alcuni dei parenti delle vittime del Covid. In una ventina, insieme all’associazione Sereni e Sempre Uniti, si sono incontrati e abbracciati e hanno ringraziato i magistrati per il lavoro fatto fin’ora. «Per tre anni nessuno ci aveva ascoltato, mentre oggi vogliamo essere grati alla Procura di Bergamo» ha detto l’avvocata dell’associazione Consuelo Locati che nella pandemia ha perso il papà. «Per noi si riscrive la storia in questo momento. È ormai chiaro che non è stato uno tsunami improvviso e che qualcuno sarebbe dovuto intervenire».

Anche Antonella Dell’Aquila ha perso il papà nella pandemia. «È morto a Milano all’ospedale Niguarda il 6 aprile 2020. Gli era venuta la febbre alta ma dagli ospedali ci dicevano di non portarli lì perché se no non li avremmo più visti. E in effetti è stato così: quando lo hanno ricoverato non l’ho più visto. Mi hanno riconsegnato le ceneri mesi dopo».

I familiari delle vittime chiedono anzitutto verità. «Abbiamo tentato più di una volta di parlare con le istituzioni e non siamo mai stati ascoltati» dice ancora Antonella. «Anche io ho subito la perdita del mio papà» racconta Salvatore. «La commozione è grande, sono stati tre anni di dura lotta. In pochi ci hanno dato voce e ci hanno creduto». Cosa si aspetta da questa indagine e dal processo che probabilmente si aprirà? «Non voglio crocifiggere nessuno, voglio solo che se ne parli perché non ricapiti più e per dare dignità ai nostri cari».

Il procuratore di Bergamo Antonio Chiappani ha detto «la nostra scelta è stata quella di offrire tutto il materiale raccolto ad altri occhi che saranno quelli di un giudice, di un contraddittorio con i difensori perché è giusto che la ricostruzione la diano gli interessati e da tutto questo ricavare l’esperienza non solo di carattere giudiziario, ma anche scientifico e amministrativo».