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Per il gas è finita l’età dell’oro

Un giacimento di gas, foto ApUn giacimento di gas – Ap

Dossier Per la prima volta dalla rivoluzione industriale, si riduce la crescita della domanda globale di carbone e di gas. Lo rivela un rapporto dell’Agenzia internazionale dell’energia, alla vigilia di Cop27

Pubblicato circa 2 anni faEdizione del 3 novembre 2022

Ha provocato «un enorme trasferimento di ricchezza dai consumatori ai produttori», però questa crisi energetica senza precedenti ci può portare ad una svolta epocale verso una grande accelerazione delle fonti di energia pulita e sicura. «Per la prima volta dalla rivoluzione industriale si intravede non solo il picco e l’appiattimento della curva di crescita della domanda globale di carbone, prevista per la metà di questo decennio, ma anche quello del gas per il 2030, e del petrolio per la metà degli anni ‘30», con le esportazioni russe che calano in modo significativo e l’intero mondo dell’energia che si trasforma strutturalmente. E non sarà il mercato asiatico ad assorbire i flussi di esportazione del gas russo, con la Cina orientata all’acquisto di gas liquefatto (Lng) ma non alla costruzione di nuovi grandi gasdotti dalla Russia.

Gli scenari delineati dall’Agenzia Internazionale dell’Energia (Iea) nel suo ultimo World Energy Outlook 2022, considerato il più autorevole documento di previsione di come può evolvere – o involvere – il mondo dell’energia, indicano che potremmo essere ad un punto di svolta: a parte le misure immediate per aiutare i cittadini ad affrontare il caro-energia e l’inverno, molti governi hanno intrapreso, o promesso di farlo, politiche a più lungo respiro per accelerare l’uscita dalle economie fossili.

Se il gas viene considerato agli sgoccioli come fonte di transizione anche da IEA, alla COP 27 che si apre sabato prossimo a Sharm El Sheik non si potrà non tenerne conto. «In definitiva – scrive la IEA – quello che è necessario fare non è solo diversificare le fonti di una singola fonte, ma cambiare la natura stessa del sistema energetico… perché la transizione energetica è la soluzione, non il problema». Tutto dipenderà da precise scelte politiche e da una gran massa di investimenti: entro il 2030 si dovranno stanziare 4 trilioni di dollari l’anno, oggi siamo a 1 trilione, secondo il Bloomberg new energy outlook: più del 80% della nuova capacità globale di energia ha riguardato il solare (50%), l’eolico (25%), l’idroelettrico (7%), contro un 15% di nuovi investimenti in idrocarburi (gas 11% e carbone 4%).

Non è dunque un destino ineluttabile quello di morire fossili, mentre sappiamo che di fossili si muore, come dicono i dati dell’ultimo report di The Lancet: 117 mila le morti nel 2020 in Europa per la pessima qualità dell’aria, mentre le morti per eccesso di calore come conseguenza dei cambiamenti climatici nel mondo sono aumentate del 68% (2017-2021 rispetto al periodo 2000-2004).

Secondo l’analisi dell’Iea, non ci sono elementi per affermare che sarebbero state le politiche climatiche e gli impegni per la decarbonizzazione a contribuire al rialzo dei prezzi dell’energia. Anzi, nelle zone più interessate dalla crisi, più alte percentuali di fonti rinnovabili hanno contribuito a contenere il rialzo dei prezzi.

La IEA sbugiarda anche chi sostiene che la catena di fornitura di pannelli fotovoltaici (FV), turbine e pale eoliche, veicoli elettrici non terrà il passo necessario alla transizione: «Le filiere di alcune tecnologie chiave – incluse batterie, pannelli FV ed elettrolizzatori – si stanno espandendo con tassi che sono compatibili con le più alte ambizioni globali. Se tutti i piani di espansione annunciati per i pannelli FV dovessero realizzarsi, la capacità produttiva potrebbe eccedere i livelli necessari del 75% nel 2030 e del 50% quelli per gli elettrolizzatori per la produzione di idrogeno verde».

I margini per una transizione possibile ci sono. Però, poiché dovrà essere anche una transizione giusta, sarà necessario colmare il gap che esiste tra le economie avanzate e i paesi in via di sviluppo in termini di investimenti in energie pulite. «Significa che dobbiamo raddoppiare gli sforzi per far sì che un’ampia coalizione di paesi sia coinvolta nella nuova economia energetica. La strada verso sistemi energetici più sicuri e sostenibili potrebbe non essere liscia, ma la crisi in cui ci troviamo oggi ci dice molto chiaramente in che direzione andare», ha dichiarato Fatih Birol, direttore generale di Iea, mandando un messaggio chiaro a COP 27, che ha in agenda proprio vari temi di finanza climatica e misure di compensazione ai paesi più poveri. «Non è solo la crisi climatica a spingere per le energie pulite – ha aggiunto Birol – ora si pone anche una questione economica perché le fonti rinnovabili sono competitive sul piano dei costi e non pongono problemi alla sicurezza delle forniture».
Difficile prevedere, secondo Iea, come evolverà la crisi e per quanto tempo i prezzi delle fonti fossili rimarranno alti, dal momento che permangono enormi incertezze geopolitiche. Inoltre, sul fronte della decarbonizzazione siamo ancora molto lontani dagli obiettivi per rimanere in linea con l’Accordo di Parigi. «Abbiamo bisogno di un grosso taglio alle emissioni, raggiungere il picco delle fonti fossili non sarà sufficiente – fa notare Dave Jones, responsabile del programma globale di Ember, think thank dell’energia – la Iea ci dice che con le politiche attuali arriveremo ad un taglio delle emissioni di CO2 dell’1% entro il 2030, mentre dovremmo tagliarle del 38%. La crisi energetica rischia di sminuire la crisi climatica, ma per fortuna la risposta ad entrambe è la medesima: giganteschi investimenti in energia pulita. Si spera che questo doppio incentivo induca i governi ad essere più ambiziosi».

Investimenti che si auspica possano arrivare anche nei paesi africani per aiutarli a ridurre le quote di estrazione degli idrocarburi a favore di sole e vento, che certo non mancano nel continente. «L’Africa può avere un ruolo di guida nella transizione verso le energie sostenibili e tracciare finalmente il proprio percorso verso la sicurezza e la sovranità energetica – sostiene Mohammed Adow, direttore di Power Shift Africa – Alla Cop 27 i leader africani dovrebbero riuscire a sbloccare investimenti per sviluppare energia rinnovabile in tutto il continente. Per noi sarà un momento cruciale per non condannare l’Africa ad un desolante futuro dominato dalle fonti fossili».

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