Per battere questi macho-nazionalisti «votiamo per un’Europa femminista»
Il confronto di domenica alla Casa delle donne Rossana Rossanda chiede un voto a La sinistra, il confronto con Luciana Castellina, Ginevra Bompiani e Marilena Grassadonia: «Stiamo entrando nel nazismo, con consapevolezza»
Il confronto di domenica alla Casa delle donne Rossana Rossanda chiede un voto a La sinistra, il confronto con Luciana Castellina, Ginevra Bompiani e Marilena Grassadonia: «Stiamo entrando nel nazismo, con consapevolezza»
«Le donne debbono avere un lavoro a parità di salario e di diritti. È incredibile dirlo oggi, ma fra uomini e donne c’è una differenza salariale del 23 per cento». Sembra un discorso d’antan e invece è la realtà a essersi pericolosamente rovesciata all’indietro. Rossana Rossanda, alla sua prima apparizione pubblica da quando è tornata a vivere a Roma da Parigi (ad eccezione di un’intervista tv al programma Propaganda live) viene accolta dall’applauso caldissimo della Casa internazionale delle donne. Domenica mattina, la sala Carla Lonzi è strapiena, più donne che uomini (ad ascoltare c’è anche Nicola Fratoianni, segretario di Sinistra italiana e anche lui candidato), la «ragazza del secolo scorso» ha un’età e i suoi acciacchi ma non ha voluto dire no all’invito di tre candidate alle elezioni europee per discutere di «un’Europa femminile». Il confronto, organizzato dall’Altra Europa con Tsipras (una delle componenti della lista La sinistra, che qui distribuisce il suo programma), è di gran livello, con la fondatrice del manifesto c’è un’altra fondatrice, la sua amica e compagna di una vita Luciana Castellina («siamo due vecchie comuniste, io vegliarda anzi», le dice con affetto Rossanda), Ginevra Bompiani, intellettuale, editrice e ambientalista, e Marilena Grassadonia, «giovane» fra «senatrici» ma fin qui è stata instancabile attivista dei diritti civile e leader del movimento delle famiglie arcobaleno.
Si discute di movimenti femministi perché, introduce Alfonso Gianni, «oggi in giro per il mondo le donne sono avanguardie contro i regimi» e contro il macho populismo. Di conseguenza, a questo giro, le candidate «hanno una forte carica anche simbolica, per la storia e per l’autorevolezza», spiega Francesca Koch, presidente della Casa, femminista, impegnata a fronteggiare una battaglia per la sopravvivenza di uno spazio storico della città che la sindaca Virginia Raggi – la prima donna alla guida del Campidoglio – invece vuole chiudere. «Il tema dell’Europa è enorme, oggi l’Unione e l’Italia debbono decidere l’orientamento, la direzione di questo continente», istruisce il dibattito Rossanda.
La battaglia contro i nazionalismi è uno dei denominatori comuni. «Perché il leghista Matteo Salvini e gli altri attaccano le libertà di donne, lgbt e migranti? Perché con questa guerra possono imporre il loro modello culturale», spiega Grassadonia. «Le donne si battono contro le leggi di Salvini per le loro libertà, ché non possono tollerare di diventare ostaggi nei centri di raccolta», attacca Bompiani, «Non stiamo entrando nel fascismo, ma nel nazismo, e lo facciamo in piena coscienza». Chi la pensa così però non può stare a guardare: «Mi sono candidata, ho fatto questa ultima follia perché non voglio vivere così, e neanche morire». Bompiani confessa di aver imposto il titolo del dibattito perché «un’Europa femminile» è quella in cui le donne «hanno già vinto». Luciana Castellina, anche lei candidata, sì, ma nelle liste greche di Syriza a fianco di Alexis Tsipras (ma ha già spiegato che se sarà eletta rinuncerà al seggio), ammette che preferisce il termine «femminista» e lo spiega come solo una ’storica’ del manifesto potrebbe: «Quando parlavamo di dittatura del proletariato sostenevamo che ci doveva essere una rottura, così oggi per abolire il patriarcato ci vorrà, momentaneamente, un di più di potere alle donne». Applausi. Poi alla cronista ricorderà che i maoisti l’avevano capito bene, all’inizio, e infatti chiedevano non la metà di posti per le donne, ma tre quarti. Poi è andata diversamente, è storia nota.
Anche Rossanda tiene al «femminista». Lei che aveva iniziato da dirigente del Pci e che nel ’78 diceva «non sono femminista» (Le altre, un libro nato da un ciclo di interviste per la Radio Tre di Enzo Forcella) ma teneva con le sue compagne un confronto serratissimo, oggi non rinuncerebbe più a definirsi così, «la ’femminilità’è un’invenzione maschile, porta la traccia di secoli di sottomissione, poi aggiungevano che siamo ’risorse’: io non ho mai voluto essere la ’risorsa’ di nessuno, eppure ho incontrato uomini interessanti». La discussione lessicale – ma è tutta politica, è chiaro – potrebbe andare avanti all’infinito. Perché Ginevra Bompiani avrebbe un blasone da esibire, e non lo fa: è una delle fondatrici di Rivolta femminile, quello di Carla Lonzi, la matrice del femminismo degli anni 70, la più grande teorica del femminismo non solo italiano. La platea si divide (le regole della Casa sono queste, la platea riconosce autorevolezza alle oratrici ma partecipa senza complessi). Ma l’urgenza dell’attualità interrompe la disputa in punta di citazione.
«Mi batto da quando avevo 14 anni, dal giorno in cui la mia compagna di banco mi annunciò che il giorno dopo non sarebbe tornata a scuola. Era ebrea. Io non capivo perché, e neanche lei capiva», racconta Rossanda. «Le donne sono più portate all’uguaglianza dei diritti», ma non è una verità assoluta, «dobbiamo batterci per toglierci di dosso la stupidità che ci hanno incollato, non abbiamo una predilezione per i lavori di cura, per vecchi e bambini, le donne smettano di accollarselo. Ma abbiamo scaricato il lavoro della riproduzione e della cura ad altre donne provenienti dai paesi poveri, chiamandoli servizi alla persona. Dovremmo vergognarcene», «quando avevo 18 anni mai mi sarei sognata di accettare un lavoro precario per anni, e non capisco come facciamo oggi a sopportarlo». «Ho fatto un’intervista a Maurizio Landini (sul manifesto del 5 aprile scorso, ndr) per chiedergli perché la Cgil non ha aderito allo sciopero globale delle donne dello scorso 8 marzo, mi ha risposto che ’ha incontrato resistenze’», continua Rossanda, «Se fossi più giovane mi butterei nel sindacato per una lotta solidale con le altre donne».
Replica Castellina: «Ho letto il manifesto per un femminismo per il 99% di Cinzia Arruzza e Nancy Fraser, non concordo su tutto ma di sicuro sul fatto che quella fra patriarcato e capitale è un’alleanza criminale». Del resto Carla Lonzi – a lei è intestata la sala dove si sta discutendo – cinquant’anni fa esortava le donne a non aderire ai modelli di produzione dati, al lavoro scolpito per corpi e menti maschili». Le due donne si passano un libro «Europa, la posta in gioco» (manifesto libri) che spiega cosa tutti, donne e uomini, rischiamo il prossimo 26 maggio. «E ora dobbiamo evitare che quelle che saranno elette si ritrovino sole», conclude Rossanda. Standing ovation, tutte in piedi a scandire «grazie, grazie».
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