La notizia è passata quasi sotto silenzio. Visto il precedente assai poco rassicurante del salario minimo, però, ha messo in subbuglio i sindacati.

«Il Cnel esaminerà il tema delle pensioni con un apposito gruppo di lavoro», l’annuncio roboante lo ha dato il presidente tuttofare Renato Brunetta, parlando all’Assemblea del comitato. «Sulle pensioni, dopo anni di bricolage e di manutenzione – ha detto sillabato l’ex ministro di Forza Italia – è oggi il momento di guardare al futuro. Abbiamo un nuovo mondo e non possiamo più pensare di sostenere questo nuovo mondo con gli occhiali del passato, coi cambiamenti epocali che si stanno verificando. Per questo ho chiesto al Consiglio di presidenza di costituire un gruppo di lavoro sulle pensioni, per produrre riflessioni di alto profilo su sostenibilità economica ed equità intergenerazionale. Riflessioni scevre da condizionamenti di parte, perché il Cnel deve confrontarsi con quella che è una delle tematiche più importanti del nostro tempo».

Al momento non risulta una delega ufficiale da parte di Giorgia Meloni. Molti rumors però la danno per certa e il fatto che sia stato totalmente ignorato l’Inps – l’ex presidente Pasquale Tridico aveva avanzato un piano preciso di riforma per la flessibilità in uscita – non si spiega solo con il caos che copre le prossime nomine per la nuova governance dell’istituto, ora guidato dalla carneade commissaria Micaela Gelera. In più, come al solito, la ministra Marina Calderone non tocca palla quando si tratta di decidere alcun che, sebbene abbiamo portato avanti un inutile tavolo sulle pensioni con i sindacati fino all’estate.

Di certo ci sono i numeri. Quelli che fanno del comparto pensioni le entrate più grandi della legge di bilancio, con il taglio della rivalutazione degli assegni che ha già portato a risparmi per 30 miliardi dal 2011, e quelli del rapporto annuale Ocse che confermano come i giovani italiani, grazie all’adeguamento automatico all’aspettativa di vita previsto dalla legge Fornero, andranno in pensione a 70 anni o con 50 anni di contributi e per i quali la pensione contributiva di garanzia è una chimera con questo governo.

E poi ci sono le sacrosante proteste dei lavoratori pubblici a cui il maxiemendamento del governo che tutela i 55.600 medici (il 7,59% del totale) riserva un trattamento diverso: per loro – circa 676 mila di cui 664 mila dipendenti degli enti locali – la pensione di vecchiaia sarà decurtata del 30% cambiato il metodo di calcolo per i loro assegni per il periodo tra il 1981 e il 1995. Con tre anni in più di lavoro dopo aver maturato la pensione di anzianità, l’importo tornerà completo. A cui però vanno aggiunti i 9 mesi di «finestra» prima di prendere l’assegno.

Anche per questo oggi saranno in piazza i pensionati della Cgil a piazza Santi Apostoli a Roma, per bocciare le politiche messe in campo dal governo Meloni e rilanciare le richieste del sindacato. «Ci avete rotto le tasche» lo slogan dell’iniziativa. Nel mirino c’è la manovra che «decide ancora una volta di fare cassa sui pensionati», sostiene lo Spi Cgil, secondo cui «nonostante gli slogan e le promesse elettorali il governo non solo non cancella la riforma Monti-Fornero, ma ne peggiora le condizioni, azzerando nei fatti le già insufficienti forme di flessibilità in uscita. Nessuna risposta ai giovani e alle donne».

In piazza anche il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, che concluderà, insieme al segretario generale dello Spi Cgil Ivan Pedretti, la manifestazione. Previsti sul palco gli interventi di delegate e delegati che porteranno la propria testimonianza su pensioni, sanità, assistenza sociale e non autosufficienza. Si tratteranno, spiega il sindacato, anche i temi della violenza di genere e della pace.