Pensioni, il governo promette modifiche. Cgil e Uil: non basta
Legge di Bilancio «Tuteleremo gli assegni di vecchiaia». Ma i medici dovranno restare sei anni in servizio. Battibecco Meloni-Landini sui giovani. Sull’articolo 33 che taglia gli assegni a 732 mila lavoratori la Cisl «apprezza metodo e merito»
Legge di Bilancio «Tuteleremo gli assegni di vecchiaia». Ma i medici dovranno restare sei anni in servizio. Battibecco Meloni-Landini sui giovani. Sull’articolo 33 che taglia gli assegni a 732 mila lavoratori la Cisl «apprezza metodo e merito»
«Con molta fatica cerchiamo di intervenire salvaguardando le pensioni di vecchiaia per tutti i dipendenti pubblici mentre per le pensioni anticipate stiamo costruendo un percorso di phasing out» (eliminazione graduale) a partire dai soli medici. Questo il linguaggio usato dal ministro Giancarlo Giorgetti per spiegare come il governo Meloni pensa di rimediare con il mitico «maxiemendamento» al taglio delle pensiono future di ben 723 mila lavoratori pubblici che produrrà un risparmio strutturale di 2,27 miliardi al 2043, come prevedono le stesse tabelle della legge di Bilancio.
Si tratta dunque di una promessa politica accompagnata dalla formula «a saldi invariati» che conferma il dogma dell’austerità soprattutto previdenziale che piace a Bruxelles. Il tutto senza che nelle tre ore di tavolo con i sindacati – non solo Cgil, Cisl e Uil ma anche le sigle poco rappresentative e più vicine al governo Ugl e Cisal – la proposta di modifica sia mai stata illustrata, tanto che Luigi Sbarra ha dovuto ammettere che non c’è «la soluzione finale e la richiesta cancellazione dell’intera norma» e dunque per la Cisl «giudizio sospeso».
LA SOLUZIONE su come modificare l’articolo 33 della manovra doveva essere il punto centrale dell’incontro. In verità Giorgia Meloni nella sua mezz’ora di introduzione non lo ha nemmeno menzionato, al pari dell’intero capitolo «pensioni». La presidente del Consiglio ha invece «rivendicato» l’intera manovra e le modifiche al Pnrr. Solo nella sua replica, Meloni ha spiegato che «l’intento dell’articolo 33 di sanare le disparità tra lavoratori rimane intatto» e che «le correzioni» vanno in tre direzioni: «pensioni di vecchiaia, salvaguardia di chi andrà in pensione entro il 2023 e più nello specifico i medici».
SE SUL 2024 serve trovare solo 11,5 milioni, le cose si complicano molto sul lungo periodo, lasciando presagire che il risparmio rimarrà in campo previdenziale: l’unico che garantisce effetti strutturali e sempre più allargati con il passere degli anni.
Effetti che ci saranno in gran parte anche sulle carriere lavorative dei medici, la categoria che il governo invece vuole tutelare di più.
«TUTELANDO LE SOLE PENSIONI di vecchiaia si rischia di tenere i medici al lavoro almeno per altri sei anni», denuncia il responsabile previdenza della Cgil Ezio Cigna». Il perché è presto detto: «Quasi tutti i medici riscattano la laurea e quindi hanno contributi fin dai 19 anni. Per questo molti di loro oggi possono andare in pensione anticipata, ex di anzianità, raggiungendo facilmente i 42 anni e 10 mesi ora previsti, spesso a soli 61 anni. Se verranno salvaguardate solo le pensioni di vecchiaia, questi lavoratori dovranno attendere di compiere 67 anni e quindi altri sei anni andando in pensione con ben 49 anni di contributi: una cifra mostruosa: altro che Quota 41 promessa dalla Lega», spiega Cigna.
VA COMUNQUE RICORDATO che i medici coinvolti dal taglio sono solo 55.600 mila – versano i contributi alla Cassa pensioni sanitari (Cps) – mentre sono più di dieci volte tanti, pari a ben 664 mila, i lavoratori degli enti locali – che versano al Cpdel – senza dimenticare i 10.300 insegnanti degli asili e delle scuole paritarie (Cpi) e i 2.200 ufficiali giudiziari (Cpug).
Nel dialogo con i sindacati, la cosa che ha fatto più arrabbiare Maurizio Landini è il passaggio in cui Giorgia Meloni ha sostenuto di dover comunque intervenire «sulle disparità del sistema previdenziale per tutelare le pensioni dei giovani». Qui c’è stato un vero momento di tensione. Il segretario della Cgil ha interrotto la premier chiedendo: «E come?». Alla risposta: «Modificando i parametri» e cioé il limite di 1,5 volte l’assegno sociale per l’accesso alla pensione di vecchiaia a 67 anni con almeno 20 anni di contributi (ma viene alzato a tre per accedere alla pensione anticipata a 64 anni e 20 anni di contributi). A quel punto Landini è sbottato sottolineando come «quelle modifiche non favoriscono i giovani: serve la pensione contributiva di garanzia che voi non volete».
I GIUDIZI ALL’USCITA da palazzo Chigi hanno riproposto la divisione fra i confederali: Cisl che ha apprezzato il «metodo e merito» – le promesse «senza soluzione finale», dunque – mentre Cgil e Uil hanno confermato le critiche all’intera manovra e l’ultima delle cinque giornate di mobilitazione che venerdì prevede lo sciopero generale di otto ore nelle regioni del sud con manifestazione a Napoli.
«Al di là del confronto, il governo a ora non ha cambiato nulla della manovra che resta sbagliata», ha commentato Landini. Stesso giudizio dalla Uil: «Il governo conferma la sua insensibilità alla richiesta delle piazze di queste settimane», chiosa Bombardieri.
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