Pd, Letta cerca la «bussola» per evitare l’implosione
La crisi dem Il congresso parte con un questionario sui nodi del partito. Provenzano scomunica i fans di Moratti: «Nessuna possibilità di sostegno». Ipotesi primarie anticipate a febbraio. Bettini presenta la piattaforma della sinistra: «Serve una riforma del capitalismo»
La crisi dem Il congresso parte con un questionario sui nodi del partito. Provenzano scomunica i fans di Moratti: «Nessuna possibilità di sostegno». Ipotesi primarie anticipate a febbraio. Bettini presenta la piattaforma della sinistra: «Serve una riforma del capitalismo»
Dopo la divisione sulle manifestazioni di sabato scorso – Letta e il grosso del Pd a Roma e altri dirigenti a Milano con Calenda – ai dem mancava solo Letizia Moratti. L’ex vicepresidente berlusconiana della Lombardia è stata adottata come candidata da Calenda e Renzi non tanto per vincere contro il leghista Attilio Fontana, ma per spaccare il Pd e portarsi dietro l’ala «riformista» degli ex renziani.
Una mossa brutale, che ha fatto saltare i nervi proprio alla destra del Pd. Alessandro Alfieri, coordinatore dell’area, è sbottato: «Con i diktat non si va lontani, se il terzo polo vuole vincere in Lombardia si azzeri tutto e si siedano a un tavolo». La sinistra del Pd (ma anche Letta) invece è insorta solo a sentire il nome di Moratti, «figura storica del centrodestra».
DUE VICENDE CHE dimostrano come nel Pd non convivano ormai solo sensibilità diverse: ma due partiti distinti. Uno con l’elmetto della Nato e pronto a lavorare con Renzi in chiave iperliberista e l’altro che vuole una netta virata a sinistra e apre alle ragioni dei pacifisti. Potranno ancora convivere nella stessa casa? È la domanda che in queste ore circola ossessivamente tra i big del Pd, e che ha spinto Letta a formulare l’ipotesi di anticipare le primarie a febbraio (col plauso di Stefano Bonaccini).
Il segretario uscente è però convinto che la fase costituente- con la scrittura di un nuovo manifesto dei valori – sia indispensabile per evitare l’implosione. Solo scrivendo tutti insieme il nuovo manifesto dei valori, è il ragionamento, si può sperare che chi perderà le primarie non se ne vada. Altrimenti , con un congresso normale, dice il segretario ai suoi, la divisione sarebbe dietro l’angolo.
LETTA, DOPO AVER RIUNITO ieri la segreteria, ha affidato al suo vice Peppe Provenzano una netta scomunica verso chiunque immagini di sostenere Moratti: «Non c’è alcuna possibilità che il Pd insegua il Terzo Polo su questa strategia. Su questo non ci possono essere equivoci o ambiguità». Duri attacchi a Renzi, «che ha svelato la sua natura di destra». E a Conte per il suo atteggiamento sui migranti: «Non si è progressisti a giorni alterni».
Per quanto riguarda il percorso congressuale, ieri con i membri della segreteria Letta ha messo a punto la «bussola», una sorta di mega questionario su tutti i punti chiave dell’identità del partito che sarà la base della discussione, e che fornirà ai candidati al congresso una base condivisa da cui partire: ci saranno domande con le crocette e altre più aperte, ogni partecipante al congresso (anche non iscritto) dirà la sua identità, forma partito, lavoro, ambiente, politica estera.
Alla fine una società specializzata elaborerà tutti i dati e produrrà una sorta di carta d’identità del nuovo Pd, con tanto di profilo socio-demografico dei partecipanti. Una mappa da cui gli sfidanti alle primarie non potranno- almeno questa è l’intenzione di Letta- distanziarsi troppo. «Siamo consapevoli che da soli non bastiamo per costruire una alternativa», spiega Provenzano.
«Se in passato i congressi sono serviti più a ratificare un cambio di leadership già scritto, oggi non possiamo sapere quale nuovo Pd emergerà da questo percorso costituente, perché lo decideremo tutti insieme», aggiunge Letta. Un tentativo generoso per trovare un filo comune che tenga tutti insieme, ma molto a rischio.
TOCCA A GOFFREDO BETTINI ribadire la necessità di una «scelta chiara» tra «due culture», un Pd che critica il capitalismo e il modello di sviluppo o ne resta un apologeta; così sul rapporto con la Nato, sull’eredità di Draghi e sulla scelta tra «salotto buono» e diritti dei lavoratori e di chi «nella società si trova sotto». «Il Pd deve tornare a fare la sinistra», ha spiegato domenica su Rai3 da Lucia Annunziata, dove ha lasciato intendere che senza un ritorno a sinistra non ci sarà futuro per il Pd. Anche a costo di una separazione.
Il tema è la «riforma del capitalismo», su cui Bettini ha scritto un libro, «A sinistra. Da capo») che sarà presentato venerdì a Roma con Giuseppe Conte, Andrea Orlando, Andrea Riccardi e la direttrice del manifesto Norma Rangeri. La sinistra si presenterà al congresso con questa piattaforma (e la probabile candidatura di Orlando), difficilmente compatibile con quella dei cosiddetti riformisti.
QUANTO ALLE REGIONALI, in Lombardia si va verso le primarie che dovrebbero vedere il sindaco di Brescia Emilio Del Bono e Carlo Cottarelli. L’economista aveva posto come condizione che la coalizione ci fosse anche il terzo polo, che ha preso un’altra strada. Ma al Nazareno confidano di convincerlo. Possibile anche una corsa dell’eurodeputato Pierfrancesco Majorino.
Caos anche nel Lazio, dove Calenda ha scelto l’assessore uscente alla sanità Alessio D’Amato, cercando di forzare la mano ai dem. Che potrebbero decidere di sostenere un altro nome col M5S: prende quota l’ipotesi Massimo Bray. «Per le regionali le decisioni saranno affidate ai territori», dice Provenzano.
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