La protesta degli agricoltori, dal sud-ovest dove era iniziata, si sta allargando ad altre regioni, ci sono blocchi stradali in numerose autostrade, dall’Occitania la rivolta dei trattori ha ormai raggiunto il nord della Francia. E c’è già stato un primo incidente grave in uno sbarramento, in Ariège una donna è stata uccisa (e il marito e la figlia sono feriti) da un’auto che ha cercato di forzare un blocco. Il governo è in allarme, teme una nuova ondata di gilet gialli. La rivolta francese, che era iniziata settimane fa con moderazione – erano stati girati al contrario i cartelli con il nome dei comuni – segue ormai i movimenti più aggressivi iniziati altrove in Europa: Germania, Romania, Polonia, Olanda, Bulgaria, ognuno con motivazioni locali ma una convergenza di lotte che si focalizza dappertutto contro il Green Deal della Ue, interpretato come una scelta di decrescita del settore, che mette in crisi l’identità stessa del lavoro agricolo, bombardandolo di norme e di obiettivi contraddittori, tra la necessità di “sovranità” alimentare da un lato e l’obbligo di intraprendere una transizione ecologica dall’altro.

A pochi mesi dalle elezioni europee, l’estrema destra naviga sulla protesta. Il capolista del Rassemblement national, Jordan Bardella, ha indossato un paio di stivali di gomma nuovi per andare ad arringare gli agricoltori, «contro l’Europa di Macon», accusata di concludere accordi di libero scambio nel mondo ai danni dei propri produttori oberati da norme ambientali e da tasse. A Bruxelles le destre attaccano, il Ppe si fa avanti come il partito degli agricoltori e manovra per frenare il Green Deal.

I SINDACATI agricoli minacciano di invadere Parigi con i trattori. Alzano la voce perché sono stati anch’essi, come il governo, presi alla sprovvista dall’ondata di protesta e corrono dietro il movimento. Il primo ministro Gabriel Attal, appena nominato e già di fronte a una grave crisi, con il ministro dell’Agricoltura, Marc Fesneau (del MoDem) ha ricevuto le organizzazioni sindacali, per cercare di spegnere il focolaio, e promette «risposte» in settimana: due giorni fa è stata ricevuta la Fnsea, il principale sindacato che ha più di 200mila iscritti ed è diretto da un grosso industriale agricolo, poi i Jeunes Agriculteurs, che sono la sua emanazione giovanile. Ieri, è stata la volta della Coordination Rurale, ancora più a destra e, sul fronte opposto, la Confédération paysanne, che difende un’agricoltura rispettosa dell’ambiente.

IL MONDO AGRICOLO in subbuglio esprime malessere in una rivolta che è prima di tutto identitaria, ma addiziona domande contraddittorie: chiede più protezione ma al tempo stesso vuole liberarsi dal peso delle norme. La Ue è la prima potenza agricola mondiale, la Francia è il primo produttore agricolo europeo, il quinto esportatore nel mondo. La Pac (Politica agricola comunitaria) è il più vecchio programma comune (dal 1962), assorbe ancora circa un terzo del budget Ue, 264 miliardi per il periodo 2023-27 (la nuova Pac è entrata in vigore nel 2023), la Francia ne è il primo beneficiario, con circa 10 miliardi l’anno. Ma in Francia l’80% di questo finanziamento è assorbito dal 20% dell’agricoltura più ricca, perché il calcolo per le sovvenzioni avviene sulla base degli ettari. Con la nuova Pac c’è stata una “rinazionalizzazione” delle politiche agricole, maggior margine agli stati nelle scelte di sovvenzioni. Ma oggi una delle ragioni della protesta è la pressione della concorrenza, anche interna alla Ue, non solo per i polli a basso costo dall’Ucraina.

IN FRANCIA gli agricoltori sono circa mezzo milione, l’1,5% della popolazione attiva (erano più del 7% solo 40 anni fa), ma rappresentano molto più del loro numero. È una forza lavoro non solo decimata ma invecchiata, dove cresce il precariato, con forti disparità, nascoste dalla statistica che rileva un reddito medio sui 4mila euro al mese. Si sentono messi sotto accusa per l’uso e abuso di pesticidi, ma l’agricoltura è responsabile di circa il 20% delle emissioni di Co2 e al tempo stesso vittima del disordine climatico (siccità, inondazioni, malattie del bestiame).

IL GOVERNO ha rimandato la presentazione della legge sul «rinnovamento delle generazioni in agricoltura» e promette di inserirvi la semplificazione delle norme, come chiedono i manifestanti. Il ministro dell’Economia, Bruno Le Maire, ha affermato che gli agricoltori «hanno totalmente ragione» di protestare e minaccia la grande distribuzione, accusata di non rispettare la legge EGalim, che dovrebbe garantire il reddito dei produttori. Ma ora c’è l’inflazione e il prezzo dei prodotti alimentari è aumentato del 20%, gli altri cittadini protestano. Di fronte alle violenze e alle minacce, il governo è paralizzato dalla paura: ci sono già state distruzioni di beni pubblici in questi giorni, ma la polizia non si è mossa e il ministro degli Interni, Gérald Darmanin, non vede nessun reato (a differenza della repressione usata contro gli ecologisti).