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«Patto tra nuovo governo e forze armate, impunità in cambio di repressione»

«Patto tra nuovo governo e forze armate, impunità in cambio di repressione»Scontri in piazza tra sostenitori di Castillo e polizia – Ap

Perù Intervista all'antropologo Gustavo Valdivia: «Al lavoro le fazioni più losche di un parlamento screditato. Militari così aggressivi non si vedevano da anni, questo sembra il frutto di un preciso accordo per realizzare un co-governo con la presidente Boluarte»

Pubblicato quasi 2 anni faEdizione del 28 dicembre 2022

La situazione in Perù resta molto tesa, la protesta nata dopo la destituzione di Pedro Castillo è stata colpita da una durissima repressione: almeno 26 i morti accertati. Oltre l’80% del paese vuole elezioni anticipate ma l’esecutivo non sembra intenzionato ad andare al voto prima dell’aprile 2024. Si prova con un rimpasto di governo a riportare la tranquillità.

Guardiamo all’intricata situazione con Gustavo Valdivia, antropologo, docente all’Università del Pacifico di Lima

Perché Castillo ha cercato di sciogliere il parlamento?

Tutto è ancora molto incerto. La cosa più plausibile, ad oggi, è che l’ex presidente abbia ritenuto di non avere altro modo per liberarsi dall’attacco del Parlamento per una serie di accuse di corruzione nei confronti di alti funzionari del suo governo che, in alcuni casi, riguardavano anche lui. Le accuse nei suoi confronti, se sostanziate da un giudice, potevano portare alla carcerazione preventiva, ma un presidente nel pieno delle sue funzioni in Perù non può finire in carcere. La Costituzione peruviana contiene un articolo che consente che con il voto dei 2/3 dei parlamentari (86) si possa destituire il presidente della Repubblica per “incapacità morale”.

L’articolo è estremamente controverso perché la nozione di “incapacità morale” non è normata, quindi è lasciata alla discrezionalità di chi siede nel Congresso. Non pare casuale che Castillo abbia deciso il colpo di mano lo stesso giorno in cui il Congresso votava per la sua cacciata. Tutto sembrerebbe indicare che Castillo abbia cercato di evitare il carcere tramite un colpo di stato che probabilmente anche lui sapeva non avrebbe retto ma sperava, probabilmente, gli avrebbe lasciato il tempo per richiedere asilo in Messico e quindi nel caso essere giudicato in esilio.

Così le persone hanno iniziato a protestare?

A Lima, la città più popolosa del Perù, le mobilitazioni non sono state molto energiche. All’inizio, c’era persino gioia per la notizia tra i settori di reddito alto e medio. In altre regioni, dove le mobilitazioni sono state massicce e la repressione violenta, invece, la sensazione era diversa ed era diffusa l’idea che ci fosse stato un atto ingiusto compiuto dalle fazioni più losche di un parlamento screditato – un recente sondaggio parlava del 6% di gradimento. Non è un caso quindi che la richiesta più significativa è quella dello scioglimento del parlamento. Poi è generalizzata la pretesa di nuove elezioni presidenziali e parlamentari. Tale rivendicazione si sintetizza nello slogan “que se vayan todos”. Senza dubbio nelle regioni più rurali è stata forte, in un primo tempo, la richiesta per il rilascio e ritorno alla presidenza di Castillo. Ma nel corso dei giorni tale posizione ha lasciato il passo alle altre due.

Perché non sono state convocate nuove elezioni?

Nel discorso di insediamento la presidente Boluarte ha dichiarato di assumere il ruolo fino al 2026, ovvero fino alla scadenza del mandato di Castillo. I suoi portavoce hanno spiegato che la parole della presidente significavano che non era nei suoi piani restare al potere dopo la fine del mandato. Le sue parole sono state però il segnale all’indisponibilità di lasciare prima la presidenza, nonostante le proteste e richieste della piazza. Tutto sembra parte di un patto tra lei e il Congresso. Se Boluarte avesse rifiutato di prendere il posto di Castillo si sarebbe dovuti andare ad elezioni anticipate. Pare evidente che la maggioranza di chi siede al Congresso, al di là della tendenza politica, non voglia terminare il mandato prima del tempo, sia per interessi personali (mantenere i benefici salariali) sia per continuare a promuovere leggi a favore dei gruppi di potere da cui sono finanziati e sostenuti.

Era necessario lo stato d’emergenza?

Assolutamente no. Il governo non ha mai tentato un’altra misura, come stabilire canali di dialogo con chi protesta. È una gestione inaudita per un conflitto così grande. Esemplifica la forte influenza che le forze armate hanno sull’attuale governo, ma anche il modo in cui l’esercito e la polizia intendono la politica e il rapporto con gli oppositori alle “riforme” conservatrici che intendono attuare dal parlamento.

Suppongo che a fronte di una promessa di impunità in cambio della loro lealtà il nuovo governo abbia stabilito un patto con le forze armate che ora sono più aggressive. Così sono state lasciate da parte le pratiche di dissuasione, garanzia del diritto alla protesta, e il rispetto dei diritti umani (quest’ultimo attaccato negli ultimi anni dai legislatori di destra così come dai responsabili delle forze armate). Non si vedevano da anni polizia ed esercito così aggressivi con i manifestanti. Ciò sembrerebbe indicare un precedente accordo per realizzare un co-governo tra la presidente Boluarte e le forze armate.

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