In fondo anche il suo può essere considerato un viaggio della speranza, un po’ come quelli dei migranti che lui invece vorrebbe fermare. Sono da poco passate le tre e mezzo del pomeriggio quando Matteo Salvini arriva a Lampedusa per una due giorni di campagna elettorale all’insegna dell’emergenza immigrazione.

Un cavallo di battaglia, per il leghista, più efficace delle promesse su flat tax, autonomia e presidenzialismo e con cui il leader spera di ottenere due obiettivi: conquistare il consenso degli elettori ma soprattutto, è la speranza, riuscire con la trasferta siciliana a inviare un messaggio agli alleati che, a Roma, continuano a frenare sulla possibilità per lui di tornare a guidare il Viminale.

Non passa giorno, infatti, senza che Fratelli d’Italia e Forza Italia prendano tempo evitando di rispondere alle richieste della Lega di indicare subito i nomi di chi, dopo il 25 settembre e in caso di vittoria del centrodestra, guiderà almeno alcuni ministeri: Economia, Giustizia, Esteri e, ovviamente, Interno. «Per trasparenza», ripete ancora Salvini da Lampedusa». Senza però ricevere soddisfazione.

«Ora bisogna trovare le soluzioni ai problemi del Paese, poi si troveranno i ministri», spiegava ieri in un’intervista alla Stampa l’europarlamentare di FdI Raffaele Fitto. Con il coordinatore di Forza Italia Antonio Tajani che taglia corto spiegando che «è veramente troppo presto per parlare di incarichi».

Una doccia fredda, che però è niente rispetto a quanto affermato da Giorgia Meloni mercoledì in televisione: «Le squadre si fanno sui risultati». Parole, quelle della leader di FdI, che si possono tradurre come: vediamo quanti voti prende ogni partito e poi discutiamo.

Migranti al porto di Lampedusa in procinto di imbarcarsi su una nave della Guardia Costiera, foto Ap
Migranti al porto di Lampedusa in procinto di imbarcarsi su una nave della Guardia Costiera, foto Ap

Per Salvini il viaggio a Lampedusa, dove è stato chiamato dal vicesindaco leghista Attilio Lucia, è quindi una tappa importante per tornare a soffiare sull’immigrazione prima di spostarsi nei prossimi giorni su un altro confine, quello di Ventimiglia.

L’impatto con l’isola della Pelagie non è però dei migliori. Ad attenderlo all’arrivo, oltre al vicesindaco e all’eurodeputata Annalisa Tardino, trova però un gruppetto di turisti in attesa di partire che appena lo vedono lo contestano con fischi e urla.

Prima tappa il municipio, dove con il sindaco Filippo Mannino parla di una legge per le isole minori. Poi il sopralluogo all’hotspot di Contrada Imbriacola. Da settimane l’isola deve far fronte a sbarchi continui che hanno portato a una situazione di sovraffollamento del centro, arrivato a ospitare più di 1600 persone quando al massimo ne potrebbe accogliere 350.

Per alleggerire la situazione il Viminale ha organizzato il trasferimento dei migranti con traghetti di linea ai quali si è aggiunta la nave Diciotti della Guardia costiera.

Quando arriva Salvini ci sono poco meno di 600 persone tra uomini e donne. «Questo posto non è degno di un paese civile», attacca una volta fuori. «Vogliamo controllare, proteggere i confini, dare sacrosanta accoglienza a chi scappa davvero dalla guerra, che è una minoranza di chi arriva qui», ripete.

Quattro anni fa, in un’altra campagna elettorale, aveva promesso di effettuare centomila espulsioni l’anno rimandando i «clandestini» a casa loro.

Numeri stratosferici, impossibili da realizzare per tempi e costi ma che diventano pura fantasia se si tiene conto che non si può espellere una persona in mancanza di un accordo per il rimpatrio con il Paese di origine. E l’unico siglato in epoca salviniana è stato con la Costa d’Avorio.

Oggi invece Salvini torna a insistere sulla necessità di avere degli accordi con Libia e Tunisia per fermare le partenze dei barconi. «Sono necessari», afferma. «Sicuramente collaborare con la guardia costiera tunisina e libica sarà fondamentale» aggiunge spiegando che l’obiettivo della Lega è l’apertura di centri di identificazione e «prevenzione» in Nord Africa. Prima di tornare ad attaccare le ong («c’è qualcuno che specula sulla pelle del prossimo») e la ministra Lamorgese: «Se al ministero dell’Interno c’è qualcuno che non fa il suo – dice – è chiaro che rischiamo di arrivare a 100 mila arrivi al 31 dicembre».

La giornata sarebbe anche finita qua se Salvini non ne avesse anche per Giorgia Meloni: «Penso – dice sfidando i sondaggi – che la Lega avrà più forza rispetto a tutti gli altri nel centrodestra».