Con un occhio all’esito della trattativa tra i Rosso-verdi e il Pd (nella speranza di separare le sorti di Sinistra italiana da quelle dei Verdi e attrarla nella sua orbita) ma l’altro ben attento a sistemare le cose in casa sua, Giuseppe Conte ha fissato le votazioni online per la scelta dei candidati nelle liste dei 5 Stelle il più tardi possibile. Il 16 agosto, appena cinque giorni prima della data in cui le liste, finite e bollate, andranno consegnate alle cancellerie delle Corti d’appello. Così da non lasciare spazio per – prevedibili – contestazioni e ricorsi. La gara online (sulla piattaforma Skyvote che ha sostituito Rousseau) del resto è una gara con l’handicap: chi vince può vedersi superato da una decisione di Conte il quale mantiene il diritto di scegliere il o la capolista, cioè nove su dieci l’unico o l’unica con possibilità di elezione. E così da ieri pomeriggio e fdino a lunedì sul sito del Movimento è possibile presentare le autocandidature (munite di certificati penali e, per i deputati al primo mandato, di attestazione di regolarità nei versamenti) ma «fatta salva la facoltà del presidente di indicare modalità e i criteri per la formazione delle liste di candidati».

Secondo l’avvocato Lorenzo Borré, bestia nera del gruppo dirigente grillino, «Conte non può scegliere e blindare i capilista, lo dice lo statuto. Che senso avrebbe? Tanto varrebbe allora eliminare definitivamente le “parlamentarie”. Ma anche questa sarebbe una violazione statutaria». Impossibile dunque escludere nuovi ricorsi e contestazioni, anche per questo la data del voto online sarebbe stata scelta così a ridosso dalla scadenza per la presentazione ufficiale delle liste. Cinque giorni utili a malapena per fare le verifiche e raccogliere la documentazione necessaria al deposito formale delle candidature.

Capitolo a parte quello sulle nuove regole, che consentono la candidatura anche in un collegio diverso da quello di residenza ma che sia il «centro principale dei propri interessi». Non bisognerà invece essere iscritti ad altri partiti o alla massoneria, ne «aver tenuto condotte in contrasto con i principi, valori, programmi, nonché con l’immagine del MoVimento 5 Stelle, del suo simbolo e del suo Garante» o aver mai citato in giudizio i 5 Stelle. Saltata anche la regola che vietava la candidatura a collaboratori e dipendenti del Movimento: una porta aperta alla corsa del portavoce-ispiratore di Conte, Rocco Casalino. Esclusa invece, proprio dal presidente, la candidatura di Virgina Raggi, che pure potrebbe contare sulla fantasiosa regola del «mandato zero» per un’ultima possibilità: l’ex sindaca di Roma «resterà a fare la consigliera comunale nella Capitale», ha detto ieri Conte. Raggi è da tempo in polemica con l’ex presidente del Consiglio e ieri non ha mancato l’occasione di scontrarsi con lei l’assessora della giunta Zingaretti Roberta Lombardi: «Se i cittadini di Roma dopo 5 anni ti hanno mandato a casa senza nemmeno farti arrivare al ballottaggio è il caso di farsi una domanda».