L’agricoltura delle regioni del sud Italia sta morendo di sete a causa della prolungata siccità e delle alte temperature. Se, nel 2022, era stato il bacino del Po, dove si realizza il 45% della produzione agricola italiana, a fare i conti con la siccità, quest’anno sono le regioni meridionali a vivere una drammatica crisi idrica. Il meteo di questa primavera-estate ha prodotto alluvioni al nord e siccità record al sud. L’Italia spaccata in due, in piena autonomia climatica e in sintonia con la legge sull’autonomia differenziata approvata in questi giorni dal Parlamento.

LA SICILIA E’ LA REGIONE PIU’ COLPITA, dove il ciclo siccitoso è arrivato al quarto anno e rischia di proseguire. In alcune zone dell’isola non piove da un anno e mezzo. Secondo i dati del servizio agrometeorologico siciliano, quest’anno la media delle precipitazioni è stata di 453 millimetri, la più bassa dal 2002. La situazione è critica anche in Calabria, Puglia, Basilicata e Sardegna. Le riserve idriche sono ai minimi storici e manca l’acqua per i campi e per dissetare gli animali negli allevamenti. L’approvvigionamento idrico è difficile anche per la popolazione. Un milione di persone in Sicilia è coinvolta nel razionamento dell’acqua nelle province di Agrigento, Palermo e Trapani. In Calabria è l’area metropolitana di Reggio ad avere l’acqua razionata. La siccità nei paesi del Mediterraneo non è un problema nuovo, ma negli ultimi anni si è intensificata, accompagnata da un aumento delle temperature medie. I cambiamenti climatici stanno determinando una alterazione del regime delle piogge, con brevi periodi di intensa piovosità alternati a periodi di siccità sempre più lunghi. I dati del Cnr mettono in evidenza che in Sicilia e Calabria, le regioni più vulnerabili rispetto ai cambiamenti climatici, la frequenza di periodi siccitosi è raddoppiata negli ultimi 30 anni rispetto al trentennio precedente, con una diminuzione della quantità di pioggia che arriva in alcune zone al 70%.

SECONDO L’ASSOCIAZIONE NAZIONALE BONIFICHE e irrigazioni (Anbi), in alcuni invasi per uso potabile della Sicilia mancava a inizio giugno il 90% dell’acqua, mentre i bacini per irrigare i campi sono al di sotto del 30% della loro capacità. I dati forniti da Ispra, che costruisce mappe mensili sull’andamento della siccità, mostrano che la Sicilia e buona parte della Calabria si trovano in una condizione di «siccità severa». Ma è tutto il sud Italia a soffrire una condizione di grave stress idrico, inteso come il rapporto tra i prelievi idrici totali e la disponibilità di acqua superficiale e sotterranea. Arriva poca acqua nei campi e, contemporaneamente, aumenta l’evapotraspirazione del suolo per l’incremento delle temperature medie annuali e per le ondate di calore sempre più frequenti (tre eventi nel mese di giugno). Sono condizioni che determinano nelle piante un ulteriore fabbisogno di acqua. A soffrire sono anche colture non irrigue come vite e ulivo. Le produzioni attese di vino e olio in Sicilia, Puglia e Calabria sono inferiori del 50% rispetto a quelle degli ultimi anni.

LE RESE SONO DIMEZZATE ANCHE PER IL GRANO, con numerosi agricoltori che, di fronte alla scarsa produzione, stanno rinunciando alla trebbiatura per non dover sostenere ulteriori costi. Ma è tutto il settore agricolo delle regioni meridionali a risentire della crisi idrica: cereali, foraggi, frutta, ortaggi. Anche le produzioni biologiche stanno scontando la grave crisi idrica che colpisce la Sicilia, perché la regione detiene con 338 mila ettari la maggiore superficie destinata all’agricoltura bio. Siccità prolungate e stress idrico causano degradazione dei suoli e desertificazione dei territori, aumento delle patologie delle piante, perdita di biodiversità. Il 17 giugno era la giornata mondiale contro la siccità e la desertificazione ed è stata l’occasione per ribadire che il 70% del territorio siciliano e tutta la fascia ionica calabrese sono in una condizione di stress idrico e a rischio desertificazione.

L’ALLARME SICCITA’ HA PRODOTTO QUALCHE MISURA tampone, con iniziative a sostegno degli agricoltori delle regioni più colpite. La proclamazione dello «stato di calamità» consente di effettuare interventi urgenti per indennizzare gli agricoltori e metterli nella condizione di attuare misure di soccorso idrico per piante e animali. Il problema della siccità non è riconducibile solamente alla scarsa piovosità, perché la questione centrale è la gestione delle risorse idriche e del suolo. La gestione delle risorse idriche è sempre stato un punto dolente nelle regioni del sud. Lo stoccaggio negli invasi e la distribuzione dell’acqua per la popolazione e l’agricoltura è stato attuato senza tenere conto dei cambiamenti climatici in atto. Si è puntato sui grandi invasi, la Sicilia ne ha 46, ma questo tipo di strutture non riescono a garantire una distribuzione capillare dell’acqua nel territorio.

OGGI CI SI RENDE CONTO CHE SONO I PICCOLI INVASI le strutture che possono svolgere un ruolo determinante nel contrastare la siccità e salvare l’agricoltura. Attualmente in Italia solo l’11% dell’acqua piovana viene recuperata, mentre negli altri paesi del bacino del Mediterraneo supera il 30%. L’acqua va raccolta nel corso dell’anno per averla disponibile nei periodi di siccità. Una presenza diffusa di piccoli invasi, riutilizzando in gran parte le migliaia di cave abbandonate, consentirebbe di recuperare e immagazzinare una quota maggiore di acqua piovana da destinare all’agricoltura.

NON SI TRATTA DI COSTRUIRE NUOVE DIGHE e grandi invasi, che comporterebbero ulteriore cementificazione del territorio, ma di puntare su soluzioni realizzabili nell’arco di 4-5 anni a basso impatto ambientale e integrate nel contesto rurale. Nelle aree più esposte alla siccità è necessario attuare un adeguato sistema di monitoraggio delle acque sotterranee, per individuarne la presenza e portarle in superficie, salvaguardandole dai fenomeni di inquinamento che ne impediscono l’utilizzo. Anche le acque reflue, derivanti dagli impieghi in ambito industriale e urbano, possono essere utilizzate per usi agricoli se adeguatamente depurate. La mancanza e la cronica inefficienza dei depuratori nelle regioni del sud non consentono di utilizzare queste acque in agricoltura. Siamo di fronte anche a una «depurazione differenziata» tra le regioni. Le reti idriche «colabrodo» sono un altro settore su cui necessario intervenire con urgenza per eliminare la dispersione dell’acqua.

SECONDO L’ISTAT, IN SICILIA, CALABRIA e Sardegna si supera il 50% di acqua che si perde lungo il percorso. Il paradosso a cui si assiste è che nelle regioni in cui si ha più bisogno di acqua si ha meno attenzione per questo bene comune, che va restituito ai territori e alla collettività contro ogni forma di privatizzazione. Sono numerose le iniziative che si possono intraprendere nel medio periodo per fronteggiare la crisi idrica. Per il momento, se non avverrà un «miracolo climatico» nelle prossime settimane, con piogge nettamente al di sopra delle medie stagionali, le regioni del sud dovranno fare i conti con una difficile estate.