Giorno 222 della guerra a Gaza, 221 in Libano: a 24 ore di distanza dal 7 ottobre si è aperto il fronte tra Hezbollah e l’esercito israeliano tra il sud del Libano e il nord di Israele.
Ieri l’esercito israeliano ha confermato la notizia data da Hezbollah secondo cui le truppe di Tel Aviv avrebbero perso il controllo di un aerostato spia nei pressi delle colline di Adamit, di fronte la località libanese di Alma el-Chaab (regione di Bint Jbeil), uno dei luoghi più emblematici del conflitto.

LA TESTATA israeliana Haaretz ha diffuso le dichiarazioni dell’esercito secondo cui l’aerostato sarebbe stato colpito da un razzo lanciato da Hezbollah in direzione della Galilea occidentale (nord di Israele) e che sarebbe caduto dalla parte libanese. Haaretz cita fonti libanesi secondo le quali l’aerostato è stato preso da gente del posto.
Durante tutta la giornata di ieri sono continuati gli attacchi da una parte e dall’altra del confine. I numeri del conflitto sono ad oggi di 541 combattenti uccisi sul fronte libanese -di cui 297 membri di Hezbollah- contro una ventina di soldati israeliani. Le vittime libanesi sono finora 76, una quindicina le siriane che vivono in Libano, nove quelle in Israele.

La guerra ha causato l’evacuazione di intere aree in entrambi gli stati. Ad oggi si contano 100mila sfollati interni nel sud del Libano e 80mila nel nord di Israele.
Amnesty International ha pubblicato un report a fine marzo che conferma l’uso di fosforo bianco negli attacchi israeliani e l’altissimo rischio di contaminazione delle falde acquifere. È stata impossibile (se non con poche eccezioni) la raccolta delle olive -principale coltivazione dell’area – e quindi la produzione di olio. La contaminazione del suolo potrebbe avere effetti devastanti anche una volta che il conflitto sarà terminato. E ciò all’interno di un quadro già fortemente compromesso dalla feroce crisi economica, politica e sociale in cui il Libano versa da quasi cinque anni.

NEL 2019 i libanesi hanno assistito inermi al congelamento dei propri conti bancari e alla svalutazione della lira libanese da 1.500 lire circa per un dollaro alle 89mila attuali, passando per picchi di 150mila. Oggi la relativa stabilità del cambio e la totale dollarizzazione della moneta non hanno impedito l’allargamento della forbice sociale, l’impoverimento della classe media e l’ulteriore deterioramento della povertà nelle fasce già più svantaggiate della popolazione.

IL LIBANO resta ancora senza un presidente della repubblica, con un governo ad interim e con una divisione interna sempre più aspra tra la destra conservatrice cristiana e Hezbollah.
Intanto sta precipitando anche la questione siriana. Dopo la guerra civile nel paese confinante, si stima che circa due milioni di siriani abitino in Libano (su una popolazione locale di 4 milioni), anche se si tratta di stime approssimative e probabilmente al ribasso. In queste settimane si sono accumulati episodi di razzismo e di intolleranza nei confronti dei rifugiati. Nel paese si sente un urgente bisogno di un cambio di passo nella politica interna e regionale.