In fin dei conti neanche a Mosca sembrano ancora pronti a rinunciare all’euro e al dollaro per i pagamenti del gas. Ma il passaggio al rublo, considerato obbligatorio da Vladimir Putin, diventa ogni giorno più credibile.

«La Banca centrale sta mettendo a punto il meccanismo», ha detto ieri il portavoce del presidente russo, Dmitri Peskov, cancellando nei fatti la scadenza fissata a quest’oggi.

LA QUESTIONE È CENTRALE. Fa parte delle misure con cui il team economico del Cremlino intende difendersi dalle sanzioni. E risponde anche a un preciso disegno politico maturato dopo il caso delle riserve congelate su conti all’estero. Putin in persona ne ha discusso ieri al telefono con il premier italiano, Mario Draghi, e poi con il cancelliere tedesco, Olaf Scholz.

Proprio nel colloquio con quest’ultimo ha affermato che il passaggio al rublo «non deve comportare peggiori condizioni contrattuali» per i clienti europei. Insomma, nessuno è ancora in grado di stabilire i tempi né tanto meno le conseguenze industriali dell’operazione, ma sembra che tutti ci facciano già i conti.

LA TENDENZA È SEGUITA da una anomala distribuzione delle forniture dalla Russia all’Europa. Secondo l’agenzia Reuters il flusso del gasdotto Yamal è stato ieri pari a zero. Nord Stream 1 funziona regolarmente. E lo stesso vale per la rete che attraversa l’Ucraina.

«Il 30 marzo abbiamo consegnato 109 milioni e mezzo di metri cubi di gas», ha detto il portavoce di Gazprom, confermando, così, una curiosa circostanza: anche nel bel mezzo dell’invasione militare l’Ucraina riceve dalla Russia il compenso per i diritti di transito.

Gli effetti della strategia gas contro rubli sono, come detto, imprevedibili. In casi straordinari si guarda sovente alla Germania, e in Germania il Consiglio economico del governo ha ridotto proprio ieri quasi di due terzi le previsioni sulla crescita nel 2022, piegandole dal 4,6 all’1,8 per cento.

Uno dei rappresentanti del Consiglio, Volker Wieland, ha parlato di «rischio recessione sostanziale» e ha proposto di ridurre la dipendenza energetica dalla Russia anche con il ritorno alla tecnologia nucleare. Sempre ieri, a Berlino, è cominciata la prima fase di un piano che potrebbe condurre al razionamento del gas. «Adesso ogni kilowattora è importante», ha detto il vicecancelliere, e ministro dell’Economia, Robert Habeck, dei Verdi. Una misura analoga è stata assunta dopo poche ore in Austria.

PER I RUSSI IL GAS rappresenta, peraltro, soltanto una parte della storia. L’Unione dei produttori agricoli ha chiesto alla Banca centrale un intervento per garantire ad alcuni importanti partner come Egitto, Iran, Turchia e Arabia Saudita di compiere i pagamenti in rubli. L’export russo di cereali, è cosa nota, ha un peso decisivo negli equilibri interni di molti paesi del medio oriente, ma dall’inizio della guerra in Ucraina ha incontrato due fondamentali ostacoli.

Uno è di natura finanziaria: per le banche è più complesso effettuare trasferimenti in dollari e in euro verso la Russia. Il secondo è logistico: nel timore di sequestri, la merce non è più pagata al porto di partenza, ma a quello di arrivo.

Il presidente della Duma, Vyacheslav Volodyn, ha già inserito il tema sull’agenda parlamentare. «I deputati non solo ritengono corretta la decisione di Putin sul gas, ma pensano che sia opportuno allargare l’elenco dell’export in rubli», ha scritto ieri sui suoi canali social.

Altro segnale che la Russia, al di là dei ritardi e soprattutto al di là dei singoli comparti economici, fa sul serio sulla questione monetaria: l’ex presidente Dmitri Medvedev, oggi numero due del Consiglio di sicurezza russo, ha rilasciato ieri dichiarazioni interessanti a proposito di una «nuova logica» che starebbe emergendo negli scambi globali.

«LA FIDUCIA NELLE VALUTE di riserva si dissolve come una nebbia mattutina», ha detto Medvedev, secondo il quale «l’era delle valute regionali sta arrivando, e non importa che alcuni paesi lo vogliano o meno. Molto presto si dovrà negoziare un nuovo ordine finanziario mondiale. L’ultima parola spetterà alle nazioni che hanno un’economia forte e avanzata, che possono contare su finanze pubbliche sane e su un sistema monetario affidabile».