Pace, intersezionalità, ampliamento dei diritti sono le parole chiave di un’agenda internazionale femminista, declinate nell’incontro di Madrid «Femminismo per un mondo migliore», promosso dal ministero di Pari Opportunità del governo spagnolo. La conferenza, con la partecipazione di oltre 100 relatrici, la scrittrice Dacia Maraini tra le italiane, si conclude oggi alla presenza della ministra di Unidas Podemos Irene Montero, della scrittrice e attivista argentina Rita Laura Segato e dell’antropologa cilena Irina Karamanos, in un confronto sul femminismo e le donne nella disputa del potere.

Centinaia le donne venute da tutto il mondo, specie da Spagna e Sudamerica, per partecipare al convegno accolto nella bella facoltà di Medicina dell’Università Complutense, che precede l’ultimo 8 marzo del governo di coalizione progressista spagnolo. Venerdì, in apertura dei lavori, infatti, la vicepresidente del governo ed esponente di Unidas Podemos, Yolanda Díaz accompagna la ministra di Pari Opportunità.

«IL FEMMINISMO è la principale forza di trasformazione nel mondo», afferma Montero, «un femminismo popolare che viene dal basso, dai corpi che hanno differenti status. Un femminismo transinclusivo, antirazzista, intersezionale e antiliberista». Il neo-liberismo non può risolvere le crisi che produce e «noi vogliamo costruire una società differente, che sa che la pace si ottiene con la diplomazia, che i diritti non sono dati una volta per tutte».

A un anno dall’inizio della guerra in Ucraina, la parola pace viene pronunciata senza tentennamenti. Dalla ministra delle Politiche Sociali finlandese Hanna Sarkkinen, che pure è così vicina al luogo del conflitto; dalla direttora regionale di Onu Mujeres per le Americhe e il Caribe, María-Noel Vaeza: «Le donne devono essere al centro della vita democratica e della pace, della ricerca delle soluzioni»; dalla portavoce del governo argentino Gabriela Cerruti: «Venendo dall’Antartide, dal Sud del Sud, si arriva in Europa che è in guerra per l’invasione di Putin. Ma qualcuno deve pur chiedere la pace».

Cerruti spiega il cammino fatto in Argentina dalla Marea Verde per la depenalizzazione dell’aborto ottenuta nel 2020: «In Sudamerica sommiamo maree a maree, non solo per l’aborto, ma perché le donne possano scegliere sulla loro vita. Perché non è lo stesso essere una donna ricca piuttosto che povera, bianca piuttosto che indigena».

INTERVIENE IN VIDEO la commissaria europea alle Pari Opportunità Helena Dalli, proponendo i temi della differenza salariale tra i sessi e nella rappresentanza di genere. La filosofa statunitense Judith Butler per video-conferenza difende la necessità di un femminismo che lotti per ampliare i diritti e lavori assieme al movimento Lgtbi. Tutte celebrano i risultati legislativi del governo spagnolo in materia di diritti delle donne e del collettivo Lgtbi.

IL TEMA DELLA PACE ritorna il giorno successivo, in una sessione specifica. La ministra spagnola dei Diritti Sociali e leader di Podemos Ione Belarra è netta nell’affermare sulla guerra in Ucraina, che «oggi un cessate il fuoco è più difficile eppure più urgente». «Storicamente le guerre le hanno fatte e concluse gli uomini, perché la logica della guerra è la massima espressione della dominazione», spiega per rimettere al centro il femminismo nella soluzione, perché «il femminismo è democratizzatore e perciò ci aiuta a combattere questa logica che si scontra con quella della vita».

Intervengono la studentessa sudanese Alaa Salaha, diventata un simbolo delle proteste contro il regime di Omar al Bashir e Melike Yasar, rappresentante delle donne del Kurdistan in Sudamerica. Ma è María José Pizarro, senatrice del Pacto Histórico che ha portato Gustavo Petro alla presidenza della Colombia e impegnata nel dialogo di pace con l’Esercito di Liberazione Nazionale, a conquistare la platea. Otto milioni le persone costrette a migrare, nove milioni le vittime, la gran parte donne, 100.000 i desaparecidos: sono i dati che snocciola dei conflitti che insanguinano la Colombia da decenni. Una violenza che si è scatenata sulle donne in modo sistematico, perché «controllare i corpi delle donne è controllare il territorio». Mentre il mondo parla di guerra, conclude, «noi proponiamo la pace integrale e dialoghiamo con tutti. Femminilizzando il dialogo per disimparare la guerra».