Ok ai superpoteri al Mes, ma a tempo e con il parere
Emergenza Il governo conferma la norma contestata del decreto Rilancio. Resta la possibilità di variazioni di bilancio con decreti ministeriali e senza il voto del parlamento. Ma solo per l'esercizio finanziario in corso e dopo un passaggio non vincolante nelle commissioni
Emergenza Il governo conferma la norma contestata del decreto Rilancio. Resta la possibilità di variazioni di bilancio con decreti ministeriali e senza il voto del parlamento. Ma solo per l'esercizio finanziario in corso e dopo un passaggio non vincolante nelle commissioni
Il governo si corregge. Ma solo uno, per il momento, è l’emendamento presentato dall’esecutivo al decretone Rilancio, il testo record di 266 articoli e 1.051 commi che è all’esame della commissione bilancio alla camera. Ieri sera in audizione è arrivato il ministro Gualtieri. Ed è partita una gazzarra della Lega che ha costretto a sospendere più volte la seduta. Protesta indirizzata soprattutto contro quell’unica norma che il governo ha deciso di correggere, già ribattezzata come i «superpoteri» del ministero dell’economia.
Si tratta di una delle disposizioni finali del decreto Rilancio, già segnalata dal comitato per la legislazione. Prevede che il Mes, monitorando l’andamento della spesa per i tanti provvedimenti presi in risposta all’esigenza economica, possa procedere con propri decreti e senza coinvolgere per niente il parlamento a variazioni di bilancio. Provvedendo a rimodulare le risorse tra i vari provvedimenti, pur senza modificare il saldo complessivo di tutti gli interventi. Per il Ministero dell’economia è una norma, peraltro già presente nel Cura Italia ma passata sotto silenzio, che serve a garantire rapidità nel ricollocare eventuali somme non spese. Recuperandole così per altre misure. Per le opposizioni, ma anche per il Pd Ceccanti che l’ha segnalata per primo e per il deputato di Leu Fassina che ne ha chiesto conto ieri sera a Gualtieri, si tratta di una inammissibile violazione alle regole di contabilità. E prima ancora della Costituzione, visto che finirebbe per realizzare una sorta di «delega in bianco» in «violazione del sistema delle fonti» – ha scritto ieri il costituzionalista Clementi sul Sole – al Mes per fare manovre di bilancio senza che il parlamento ne sappia nulla.
La correzione proposta ieri dal governo interviene proprio su questo punto, prevedendo adesso un passaggio obbligatorio ma non vincolante, un parere della competenti commissioni parlamentari sui decreti del Mes che apportano le variazioni di bilancio (anche utilizzando, è scritto adesso, fondi di appoggio di tesoreria). «Il governo si è mosso nella giusta direzione ripristinando i poteri del parlamento», ha detto Ceccanti. Aggiungendo però che bisognerà valutare «con il concorso di tutti questa importante novità in modo da non lasciare dubbio alcuno sulla costituzionalità della procedura». Sub emendamenti dell’opposizione chiedono di rafforzare il parere parlamentare, mentre Ceccanti propone di specificare che questa procedura eccezionale sia legata solo all’emergenza Covid-19. «Trovo questo sub emendamento giustificato», ha detto ieri sera Gualtieri, annunciando in pratica che sarà accolto. «Ci sono dei principi costituzionali che non vanno sacrificati alla rapidità di intervento», ha precisato però Fassina.
Gualtieri ha difeso il complesso della norma, ricordando (alla Lega) che il principio dei «vasi comunicanti» è stato introdotto dal governo giallo-verde per spostare le risorse in eccesso tra «quota 100» e reddito di cittadinanza. Nel caso del decretone Rilancio, ha spiegato, «non sempre le coperture dei singoli provvedimenti sono adeguate e la possibilità di spostare fondi garantisce il rispetto degli impegni».
La stessa norma, per la terza volta, era stata prevista anche nell’ultimo decreto – il 52 del 16 giugno sulla proroga della Cig – che però sta per essere assorbito, e ugualmente corretto, proprio nel decreto Rilancio. Un altra pratica, quella di decreti che inglobano decreti, ormai frequente nel governo dell’emergenza. In fondo un altro modo per sacrificare il ruolo del parlamento.
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