L’estate rovente anche nei cieli registra oggi l’ultimo sciopero possibile in Italia, il primo di domenica. Se nel resto d’Europa le proteste sindacali potranno andare avanti ad agosto, la legislazione restrittiva del Belpaese prevede sia stato raggiunto il numero massimo di astensioni: niente più scioperi fino almeno all’8 settembre. Con buona pace del ministro leghista del Turismo Massimo Garavaglia che aveva intimato – respinto con perdite – al Garante la precettazione anche per oggi.

Lo sciopero in più è già stato ridotto da 24 a sole 4 ore nella fascia 14-18. Ma si è progressivamente allargato: dall’iniziale proclamazione di Filt Cgil e Uilt per Ryanair (terzo sciopero in 40 giorni) si sono aggiunti gli scioperi dell’Usb in EasyJet e Uilt in Volotea. In più si è accodato anche il secondo sciopero unitario dei controllori di volo Enav – «il contratto di lavoro è scaduto da quasi tre anni e la società, anziché negoziare eventuali nuovi istituti normativi con le organizzazioni sindacali, reinterpreta in modo unilaterale e inaccettabile le regole in essere. Le strutture di molti impianti sono fatiscenti e le condizioni di lavoro di molti colleghi risultano al limite della sopportazione», si legge nella nota sindacale – e quello unitario Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs gli addetti alla vigilanza privata e ai servizi di sicurezza nei siti aeroportuali per il rinnovo del contratto scaduto da ben 7 anni.

Durante gli scioperi sono previsti presidi sindacali a Fiumicino, Orio al Serio (Bergamo), Malpensa e Pisa da parte della Filt Cgil e della Uilt.

Ryanair da parte sua ha sostanzialmente già cancellato tutti i voli nella fascia oraria di sciopero da e per l’Italia: circa 240 voli con circa 40mila passeggeri che rimarranno a terra.
Vedremo se anche questa volta la compagnia di Micheal O’Leary invierà minacciose mail ai suoi dipendenti promettendo decurtazioni di stipendio – totalmente illegittime in Italia – oltre al mancato pagamento della giornata di sciopero.

Le condizioni di lavoro di piloti e assistenti di volo sono sempre più massacranti. E se la paura di essere licenziati porta pochi ad avere il coraggio di iscriversi formalmente al sindacato (Ryanair riconosce solo Fit Cisl, Anpav e Anpac con cui ha firmato un contratto rivisto fortemente al ribasso durante il Covid e confermato fino al 2025), le chat dei sindacalisti sono subissate di richieste di aiuto e informazioni.

Se i primi due scioperi hanno portato almeno a evitare il vergognoso problema dell’acqua – gli assistenti se la dovevano pagare o dovevano riempire le borracce in aeroporto – le condizioni di lavoro continuano a essere durissime: stipendi da fame lavorando per 20 voli in 5 giorni, no a congedi e legge 104 nel periodo estivo.

Lo sciopero dei controllori di volo Enav ha effetti anche sulle altre compagnie: Ita – guidata da quell’Alfredo Altavilla che ha definito «idiota» lo sciopero – ha cancellato già 122 voli
Filt Cgil e Uilt hanno al centro della loro rivendicazione il rispetto dell’articolo 203 del decreto Rilancio del 2020 che prevede il rispetto dei minimi salariali del contratto nazionale firmato dai sindacati maggiormente rappresentativi.

Un limite non rispettato dalle low cost (Ryanair, EasyJet, WizzAir in testa), ancor di più in Volotea. Come ammesso al manifesto dallo stesso presidente-factotum di Aicalf – l’associazione datoriale che riunisce le compagnie low fares a basse tariffe – il giovane avvocato Matteo Castioni, la compagnia spagnola non ha neanche un contratto collettivo. I contratti sottoposti ai circa 500 dipendenti sono individuali e preparati dallo stesso famigerato consulente aziendale del lavoro della compagnia Ego Airways, praticamente mai decollata e in attesa di un compratore.

«Il 20 luglio siamo stati convocati dal ministero delle Infrastrutture – spiega Fabrizio Cuscito, segretario nazionale della Filt Cgil – ma noi siamo consci che Aicalf sia una testa di ponte e al ministero abbiamo chiesto di convocare direttamente le compagnie low cost a partire da Ryanair: evidentemente il governo non ha la forza o non vuole imporsi, ma noi anche grazie al successo degli scioperi, non molliamo la presa».

Senza escludere una class action, un’azione legale degli assistenti di volo per vedersi riconosciuti i minimi salariali, almeno dall’entrata in vigore del decreto (maggio 2020) a oggi.