Nuovo attacco israeliano all’aeroporto di Aleppo. La Siria: «crimine di guerra»
Medio Oriente Il raid, il secondo in una settimana, avrebbe fatto almeno tre morti.
Medio Oriente Il raid, il secondo in una settimana, avrebbe fatto almeno tre morti.
Sarebbero almeno tre, secondo fonti non ufficiali, le vittime del nuovo attacco aereo lanciato martedì sera da Israele contro l’aeroporto civile di Aleppo, il secondo in una settimana. Le notizie sono scarse. I missili avrebbero colpito vari obiettivi e messo fuori uso l’aeroporto dotato di una sola pista, già centrata una settimana fa durante uno dei bombardamenti israeliani più devastanti con missili che sono caduti anche sull’aeroporto internazionale di Damasco.
Aleppo è finita nel mirino di Israele perché, secondo la versione che il governo Lapid comunica alla stampa locale, l’Iran avrebbe scelto l’aeroporto nel nord della Siria per far atterrare velivoli con a bordo componenti per i missili destinati al movimento sciita libanese Hezbollah, alleato di Teheran. Ma Israele, più di ogni altra cosa, prova a far vacillare l’anello più debole dell’alleanza Iran-Siria-Hezbollah. Ieri il presidente della commissione per gli affari esteri della Knesset, Ram Ben Barak, senza confermare il coinvolgimento dello Stato ebraico, ha detto che «L’attacco non ha consentito ad alcuni aerei di atterrare» e che è stato «un messaggio per (il presidente) Bashar Assad: se atterreranno aerei il cui scopo è incoraggiare il terrorismo allora la capacità di trasporto della Siria verrà danneggiata». La risposta di Damasco non si è fatta attendere. «I ricorrenti attacchi israeliani, in particolare il puntamento sistematico e deliberato di obiettivi civili in Siria, equivalgono a un crimine di guerra secondo il diritto internazionale», si legge in un comunicato del ministero degli esteri siriano.
Parole che non scuotono nessuno nell’Occidente impegnato a sostenere l’Ucraina nella guerra con la Russia. E neppure nel Cremlino alleato della Siria. Anzi, Israele sta sfruttando un cambiamento nel quadro militare fatto da Mosca: la rimozione del sistema di difesa antiaerea S-300 dalla Siria. La Russia aveva schierato la batteria vicino alla città di Masyaf alla fine del 2018 senza però trasferirla al comando diretto siriano. Qualche settimana fa è stata rispedita in Russia. Resta la più avanzata S-400 ma la sua funzione è solo quella di proteggere la base aerea russa in Siria.
Putin ha problemi più urgenti di cui occuparsi e non desidera lasciarsi coinvolgere più del dovuto in Siria e nello scontro, per ora a distanza, tra Israele e Iran (sul programma nucleare iraniano). Una guerra potrebbe innescarsi non in territorio siriano ma in mare. A Beirut è atteso Amos Hochstein mediatore Usa nel negoziato tra Israele e Libano sulla demarcazione del confine marittimo tra i due paesi. La proposta americana dovrebbe stabilire una linea intermedia tra le richieste delle due parti. Ma, si dice, lascerà il giacimento di gas naturale di Karish sotto il controllo israeliano. Il governo Lapid intenderebbe dare il via alle perforazioni alla fine di settembre. Il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, ha avvertito che il suo movimento è pronto a una nuova guerra con Israele pur di difendere gli interessi del Libano che dal 2019 affronta una crisi economica e finanziaria devastante.
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