Nucleare, l’irresponsabile libro degli incubi
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Nucleare, l’irresponsabile libro degli incubi

Pniec Concentriamoci ora sul 2030 e sulle rinnovabili, che con le false speranze del nucleare subirebbero un pericoloso rallentamento, mentre invece potrebbero costituire una filiera importante di sviluppo industriale

Pubblicato 3 mesi faEdizione del 4 luglio 2024

Nel nuovo Piano Nazionale Energia e Clima (Pniec) inviato due giorni fa a Bruxelles, viene riproposto il nucleare, ed è una novità in un documento di programmazione: si dichiara espressamente di non volerlo considerare un’ alternativa alle rinnovabili, ma di fatto esso rappresenterebbe, per una serie di ragioni, un ostacolo per lo sviluppo di queste ultime.
Confindustria, attraverso la principale associazione del mondo elettrico italiano, Elettricità Futura, in audizione alla Camera, aveva dichiarato che le rinnovabili sarebbero in grado di garantire almeno il 75% della elettricità al 2030, ma nulla di tutto questo è riportato nel Pniec.

Un Pniec considerato dagli operatori troppo cautelativo rispetto agli obiettivi che si dichiarano di voler rispettare, ma soprattutto un Pniec molto poco responsabile, perché non considera minimamente un trend della generazione dell’energia ormai consolidato. Infatti, la politica industriale e gli investimenti oggi vanno in una direzione ben definita: la International Energy Agency (Iea) nel suo World Energy Outlook 2023 afferma che le rinnovabili assicureranno nel 2050 una copertura dell’82% della elettricità, quasi sette volte maggiore di quella attuale, mentre il nucleare rimarrà fermo sempre alla stessa quota globale del 8-9%.

Certamente ci saranno centrali nucleari, ma saranno tutte concentrate in Cina e negli Usa, come da stime Iea confermate anche dalla Nuclear Energy Agency (Nea).

Una decisione solo ideologica quindi, quella del nucleare, perché non vengono date informazioni (forse perché ancora inesistenti) sui tempi di realizzazione al momento imprevedibili, sui costi del chilowattora ancora molto alti, sull’approvvigionamento dell’uranio arricchito necessario (che è un mercato attualmente dominato dalla Russia), e sul know-how tecnologico, assoggettato alla Cina e agli Usa. Risolvere in questo modo il problema della indipendenza e della sicurezza energetica, che significa costi bassi della bolletta e sostenibilità, è un suicidio.

Non si ha al momento nessuna certezza sullo sviluppo industriale degli Small Modular Reactors (SMR), la tecnologia di piccola capacità (300 MW) ancora lontana dalla fase industriale su larga scala, che impedisce di quantificare tempistiche e costi, nonostante sia una proposta avanzata da quasi trent’anni. Secondo i dati dell’International Energy Agency Iea, ad oggi nel mondo esistono soltanto tre unità in esercizio e tre in costruzione, nessuna nel mondo occidentale. La Francia ha rinunciato dopo cinque anni allo sviluppo del SMR Nuward perché troppo costoso e complesso, mentre la Germania ha abbandonato definitivamente il nucleare, abbassando parallelamente il consumo di gas ed incrementando le rinnovabili, che nel 2023 per la prima volta hanno coperto più della metà della domanda elettrica. Strategia seguita anche dalla Spagna.

Risulta dunque poco accorto prevedere al 2035 una capacità nucleare di 400 MW installati e di 8000 MW, di cui 400 a fusione al 2050! Non si sa se sia più credibile il primo scenario o il secondo, e qualcuno dovrebbe prendersi le responsabilità di queste affermazioni. Lo scenario dell’elettricità necessaria al 2050 prevede una domanda che in Italia sarà di circa 700 TWh, più del doppio di quella attuale. L’affermazione del Pniec, con una quota nucleare pari al 10% della domanda complessiva al 2050, che significa circa 70 TWhda coprire con una ventina di SMR, è uno scenario inverosimile. Anche perché la Iea stabilisce al 2050 per l’intera Europa una quota nucleare pari a 100 TWh, Francia inclusa. Nessuno al momento è in grado di finanziare queste attività, viste le troppe incertezze tecnologiche e di costo.

Un suggerimento. Concentriamoci ora sul 2030 e sulle rinnovabili, che con le false speranze del nucleare subirebbero un pericoloso rallentamento, mentre invece potrebbero costituire una filiera importante di sviluppo industriale, compreso il tema dell’accumulo a lungo termine, necessario per confutare le sirene che evocano una difficile integrazione delle rinnovabili nel sistema elettrico. Anche considerando le prospettive dell’accumulo energetico, le stime Iea al 2050 confermano in Europa un costo dell’energia nucleare sempre più elevato: 110 dollari al megawattora contro 90 delle rinnovabili comprensive dei sistemi di accumulo che ben prima del 2050 renderanno la produzione eolica e fotovoltaica di fatto programmabile.

* Prorettore alla Sostenibilità, Sapienza Università di Roma

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