Nove anni dopo, il fuoco di Odessa brucia ancora
Ucraina Nessuna verità né giustizia: il 2 maggio 2014 neonazisti ucraini uccisero decine di persone di etnia russa nella Casa dei Sindacati. Ieri un checkpoint in piazza e agenti a controllare i documenti di chi voleva ricordare
Ucraina Nessuna verità né giustizia: il 2 maggio 2014 neonazisti ucraini uccisero decine di persone di etnia russa nella Casa dei Sindacati. Ieri un checkpoint in piazza e agenti a controllare i documenti di chi voleva ricordare
Alcuni residenti di Odessa ieri hanno deposto fiori presso la Casa dei Sindacati dove nel 2014 si verificò una delle stragi più efferate della storia contemporanea ucraina. Il 2 maggio 2014 un gruppo di manifestanti filo-russi nella grande piazza di Kulikovo fu costretto a riparare nel palazzo dei sindacati dietro la stazione ferroviaria centrale per evitare la furia di gruppi neo-nazisti.
Gli aggressori circondarono il palazzo e appiccarono un incendio. Ai soccorritori e ai pompieri fu impedito di passare e 48 persone morirono nel rogo. «Tuttavia, secondo stime non ufficiali, i caduti potrebbero essere anche 150, cui vanno aggiunte diverse centinaia di feriti scampati per poco all’eccidio. I morti sono tutti di nazionalità ucraina e di etnia russa», si legge sul sito del Parlamento europeo in una comunicazione ufficiale del novembre seguente.
«NUMEROSI indizi suggeriscono che non è stato il presunto incendio dell’edificio a uccidere coloro che si trovavano all’interno, lì rifugiatisi per non essere massacrati in strada, bensì sono stati colpi di arma da fuoco o armi di altro genere. Esistono filmati che mostrerebbero poliziotti sparare sui disperati che cercavano di fuggire dalle finestre e tutte le prove disponibili indicano che gli assedianti intendevano uccidere».
Un resoconto agghiacciante che segna una delle pagine più nere della storia ucraina recente. Una vicenda che ancora non ha trovato giustizia. Negli anni, dall’Ue al governo italiano, passando per Amnesty e l’Osce, in molti si sono espressi a favore di una ripresa delle indagini (mai davvero giunte a un risultato).
Forse è stato difficile inserire nella narrazione filo-europeista una pagina così nera, forse alla fine si sarebbe dovuto riconoscere che alcuni di quelli che parteciparono a quest’eccidio furono coinvolti nelle proteste anti-russe anche in altri luoghi, forse il dolore delle madri che più volte hanno tentato di commemorare il 2 maggio di fronte all’imponente edificio non era tollerabile in un paese in preda alla confusione.
Nel 2021 la commemorazione per i familiari delle vittime fu impedita a causa del Covid. L’anno scorso Vladimir Putin aveva citato la strage nel discorso che annunciava l’inizio dell’operazione speciale e aveva promesso davanti alle telecamere che «i colpevoli dell’eccidio di Odessa saranno puniti».
IERI, NELLA PIAZZA antistante la stazione è stato attivato un checkpoint rinforzato da diversi reparti di polizia che controllavano i documenti di chi intendeva passare verso il cancello del palazzo dei sindacati. Considerando il clima di caccia alle streghe che vige nelle città ucraine, soprattutto a Odessa (città dai forti legami culturali con la Russia e potenzialmente a rischio infiltrazioni), anche il semplice gesto di deporre un fiore in quel luogo simbolico ieri è sembrato insolito.
A oggi quell’eccidio non ha ancora responsabili e i tribunali ucraini o la procura generale di Kiev non hanno mostrato l’intenzione di voler riaprire quel capitolo nero contemporaneo alle rivolte di Piazza Maidan e che portarono l’Ucraina a cambiare radicalmente.
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