«Non una di più», piazze polacche per l’aborto
Polonia Nel paese si muore sempre più spesso di Ivg: proteste in 50 città dopo l’ennesimo caso e le leggi liberticide che puniscono le donne. Aperte due indagini, ma le gestisce il governo che parla già di «errore medico». Dalla sinistra un ddl alternativo che consente di abortire fino a 12 settimane
Polonia Nel paese si muore sempre più spesso di Ivg: proteste in 50 città dopo l’ennesimo caso e le leggi liberticide che puniscono le donne. Aperte due indagini, ma le gestisce il governo che parla già di «errore medico». Dalla sinistra un ddl alternativo che consente di abortire fino a 12 settimane
«Non una di più. Smettetela di ucciderci», è lo slogan scelto dalle donne che hanno protestato ieri pomeriggio in una cinquantina di città polacche dopo la morte di Dorota, deceduta il 24 maggio scorso per shock settico, alla 20ma settimana di gravidanza. Il personale sanitario dell’ospedale di Nowy Targ, nel sud della Polonia, avrebbe tentato di salvare la donna solo dopo la morte del feto: era ormai troppo tardi.
MANIFESTAZIONI anche a Berlino e Londra contro una delle leggi più restrittive contro l’aborto in Europa. Il direttore dell’ospedale di Nowy Targ, intitolato a Giovanni Paolo II, è Marek Wierzba, membro di Polonia Solidale (Sp), formazione euroscettica e teocon che fa parte della coalizione di governo guidato dalla destra populista di Diritto e giustizia (Pis).
Due le indagini in corso sulla scomparsa di Dorota: una lanciata dalla procura controllata dal «superministro alla giustizia», nonché numero uno di Sp Zbigniew Ziobro, e un’altra del Difensore dei diritti dei pazienti che ha già derubricato la questione a un «errore medico».
In Polonia l’interruzione di gravidanza resta legale quando la vita della paziente è in pericolo oppure in caso di stupro. Eppure, dopo la messa al bando dell’aborto terapeutico, sancita dalla sentenza del filogovernativo Tribunale costituzionale del 22 ottobre 2020, i medici, tra quelli che non si avvalgono dell’obiezione di coscienza, hanno paura di intervenire per evitare conseguenze penali. E così la scelta di aspettare la morte del feto continua a mietere vittime tra le donne polacche.
MENTRE LO SHOCK setticemico resta la causa di morte più diffusa tra le donne a cui viene negato il diritto di interrompere una gravidanza, non mancano episodi più macabri come quello di Agnieszka, 37enne deceduta a gennaio di due anni fa dopo aver portato in grembo il feto morto di uno dei suoi gemelli per diversi giorni in un ospedale di Czestochowa, uno dei più importanti centri di culto cattolico del Paese sulla Vistola.
A rischiare sanzioni penali in Polonia non è solo il personale medico-sanitario ma chiunque aiuti una donna a interrompere volontariamente la gravidanza: partner, parente o soggetti terzi, la musica non cambia. L’attivista Justyna Wydrzynska dell’Abortion Dream Team (Adt) è finita recentemente in aula per aver favorito l’aborto procurando delle pillole abortive a una donna che era stata denunciata poi dal marito.
Intanto il disegno di «legge salva donne» − presentato all’indomani del verdetto choc del Tribunale costituzionale − dalla deputata di Sinistra Insieme (Lewica Razem) Magdalena Biejat, che consentirebbe di abortire senza restrizioni fino alla 12ma settimana di gravidanza, non è stato ancora sottoposto al vaglio delle camere. In molti sperano che le forze all’opposizione decidano di riscrivere le regole sull’aborto, in caso di una vittoria alle parlamentari in autunno.
Ieri pomeriggio il centrodestra di Piattaforma civica (Po) dell’ex presidente del Consiglio europeo Donald Tusk e i ruralisti del Partito Popolare Polacco (Psl) hanno disertato la seduta parlamentare sui diritti riproduttivi organizzata dalle deputate della coalizione Sinistra (Lewica), a cui hanno invece preso parte medici, ostetriche e attiviste di diverse sigle come Federa, «Sciopero nazionale delle donne» (Osk) e l’Adt di Wydrzynska: «Il nostro obiettivo è che ogni donna a finire in ospedale abbia con sé il numero di telefono dell’Adt e di Federa e che sia armata fino ai denti», ha detto Marta Lempart leader di Osk.
LA PARLAMENTARE Agnieszka Dziemianowicz-Bak si è rivolta ai medici nel corso del dibattito: «Permetteteci di salvarci da sole ma dovete cominciare a soccorrere le donne. Senza parlare di barricate perché nessuno vi ha mai invitato a farle. Vi chiediamo soltanto di fare il vostro lavoro».
Anche in caso di unità tra le diverse anime dell’opposizione la strada potrebbe essere in salita: il presidente polacco Andrzej Duda, espressione del Pis, potrebbe ricorrere al veto o sottoporre il nuovo provvedimento al politicizzato Tribunale costituzionale per valutarne la legittimità.
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