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Non si può fare un impianto sportivo in un parco pubblico

Non si può fare un impianto sportivo in un parco pubblico

Il Meazza nel 2026 ospiterà la cerimonia inaugurale dei giochi olimpici invernali Milano-Cortina. Eppure le società proprietarie di Inter e Milan non ne vogliono più sapere: «Non siamo interessati a […]

Pubblicato più di un anno faEdizione del 13 aprile 2023

Il Meazza nel 2026 ospiterà la cerimonia inaugurale dei giochi olimpici invernali Milano-Cortina. Eppure le società proprietarie di Inter e Milan non ne vogliono più sapere: «Non siamo interessati a riqualificarlo, vogliamo un nuovo stadio con volumetrie commerciali annesse: o fate così, o ce ne andiamo!».

Davanti a questo aut aut, occorreva convincere le società a sedersi attorno a un tavolo per valutare, in base a una rigorosa analisi costi/benefici, la convenienza materiale delle due opzioni possibili: ristrutturazione vs demolizione e costruzione ex novo. Non è stato fatto. Ha prevalso, da parte dell’amministrazione, l’accettazione dell’aut aut. Un’occasione persa. Un messaggio pessimo.

Anche perché col passare del tempo è stato svolto un prezioso lavoro di approfondimento dei pro e dei contro, che ha condotto alla situazione attuale. I club avevano presentano una valutazione dei costi di realizzazione di un nuovo impianto attorno ai 600 milioni di euro, mentre la sola ristrutturazione sarebbe costata – secondo i club – 500 milioni, quindi fuori mercato; peccato che alcuni ingegneri del Politecnico abbiano presentato una proposta di riqualificazione del Meazza (collocando nuove funzioni e servizi commerciali all’interno dell’impianto) a costi dimezzati rispetto alla costruzione di un nuovo impianto.

Un altro tema rilevante per Milano è la valutazione del potenziale impatto ambientale legato al progetto. Le conclusioni del professor Pileri del Politecnico di Milano non lasciano margini di dubbio: la sola demolizione del Meazza provocherebbe emissioni pari a 210.000 tonnellate di CO2, azzerando di colpo tutte le riduzioni di emissioni atmosferiche ottenute a Milano negli ultimi 15 anni.

Arriviamo quindi a febbraio 2023 quando, concluso il dibattito pubblico e ottenuta dalla Giunta la conferma dell’interesse pubblico per il progetto, anziché procedere sulla strada intrapresa la «nuova» proprietà del Milan decide di cambiare rotta e andare da sola, individuando un’area verde privata: la pista ippica Maura, un’area tutelata compresa nel perimetro del Parco di Cintura Metropolitana. E la risposta del sindaco Sala è: «Aspetto di vedere il progetto».

L’annuncio da parte del Milan di volere costruire uno stadio nel verde tutelato della Maura scatena una reazione straordinaria. In pochi giorni si organizza un’assemblea presso la Polisportiva Garegnano, insieme ai Comitati di quartiere e al Parco Sud. Si decide di organizzare una catena umana intorno alla Maura per domenica 19 marzo.

Sembra un azzardo. Arrivano oltre 3300 persone, una marea di persone di tutte le età, unite per affermare una cosa semplice: il verde non si tocca, il suolo non deve essere più consumato, le norme di tutela ambientale vanno rispettate. E da quel momento si è formato un Coordinamento fra comitati e associazioni che non si è più fermato: sono disposti a presidiare a turno l’area, se fosse necessario.

Ci sono diverse motivazioni che spiegano una mobilitazione con pochi precedenti: questo territorio ha una lunga tradizione di lotte in difesa dell’ambiente, e il prezioso corridoio ecologico che collega la città ai parchi e al verde agricolo di cintura urbana ne rappresenta il simbolo. Ma la ragione vera è un’altra e si collega a un tema delicato: la disaffezione dei cittadini verso la rappresentanza politica. La tutela dell’ecosistema urbano è un tema che riguarda la salute collettiva e la qualità del vivere.

Parlare di stop al consumo di suolo in campagna elettorale, e non tradurre lo slogan in scelte concrete, mina la credibilità politica. Per realizzare una città diversa, più vivibile, è necessario compiere azioni che non sempre collimano con gli interessi della finanza immobiliare. La Maura è un’area verde sottoposta a tutela per ragioni di interesse pubblico, attraverso norme che non consentono di realizzarvi uno stadio e se una società finanziaria propone di realizzare proprio qui uno stadio, la risposta non può essere «aspettiamo di vedere il progetto». La risposta doveva essere una sola: «Qui non si può fare». Per questo è stata la cittadinanza a rispondere. Per il bene di tutti.

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