Non obiettori al San Camillo, medici divisi. La Regione Lazio: bando «regolare»
Legge 194 L’Ordine dei chirurghi laziali contro il concorso pubblico dell'ospedale romano. La Federazione nazionale li corregge
Legge 194 L’Ordine dei chirurghi laziali contro il concorso pubblico dell'ospedale romano. La Federazione nazionale li corregge
Il concorso pubblico per l’assunzione, presso l’ospedale romano San Camillo, di due ginecologi destinati alla dirigenza del settore «Day Hospital e Day Surgey per l’applicazione della Legge 194/1978» ha scatenato, come era prevedibile, le proteste dei vescovi, delle destre e degli oltranzisti pro-life. Meno scontate invece quelle dell’Ordine provinciale dei Medici-Chirurghi e degli Odontoiatri di Roma che si scatena contro un presunto – e inesistente – «concorso soltanto per non obiettori di coscienza» che, secondo il presidente dell’Ordine, Giuseppe Lavra, è «discriminatorio».
Il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, tiene il punto: «Le procedure sono regolari». Tanto corrette che Federazione nazionale dell’Ordine dei medici è costretta ad intervenire per correggere l’affrettato giudizio dell’Ordine provinciale romano: «Resta comunque da garantire, così come indicato dalla 194 – puntualizza la presidente Roberta Chersevani – il diritto delle donne a ricevere le prestazioni». L’Fp Cgil Roma fa di più: bolla come «oscurantista e privo di attinenza con la realtà» il polverone sollevato sul tema, e chiede invece di applicare il modello San Camillo a tutta la regione.
IL PRIMO PUNTO da mettere in chiaro, infatti, è che nel bando del San Camillo-Forlanini, resosi necessario per rientrare nella legalità garantendo l’applicazione della legge 194, non c’è alcun riferimento a «medici non obiettori». Piuttosto si richiede esplicitamente personale adatto alla corretta funzionalità di quel reparto specifico che, a causa dell’elevato numero di medici obiettori, non riusciva più a rientrare nei termini di legge. Motivo per il quale – ed è questa la «novità» – nell’eventualità che i neo assunti sentissero, in seguito all’assunzione a tempo indeterminato, un richiamo della coscienza, sarebbero a rischio licenziamento.
Anche se una nota della Regione Lazio, nel precisare che, appunto, le procedure non sono inique «poiché non vi è nel testo del decreto alcun accenno o riferimenti, tra i requisiti previsti, all’obiezione di coscienza, ma una specifica indicazione delle funzioni da svolgere per le prestazioni assistenziali legate all’erogazione del servizio», spiega è stata prevista anche «la mobilità, mediante avviso pubblico di mobilità volontaria regionale e interregionale con relativa graduatoria di merito pubblicata nel febbraio del 2016». «Tutta la procedura – ricorda la Regione Lazio – inizia con il decreto 227 del 6 giugno 2015 del Commissario ad acta che non ha avuto rilievi da parte dei Ministeri affiancanti, ovvero Salute e Mef». E infatti, aggiunge il direttore generale del San Camillo, Fabrizio D’Alba, «il 1° marzo i medici che hanno vinto il concorso prenderanno servizio».
MA C’È ANCHE UN SECONDO punto che va sottolineato in questa vicenda: lo fanno la Federazione nazionale degli Ordini dei medici e il sindacato parlando della «sofferenza dei ginecologi non obiettori, esposti a un burn-out e a uno stress da lavoro pesantissimo». «Sono pochissimi – ricorda Natale Di Cola, segretario generale della Fp Cgil Roma e Lazio – rinunciano alla carriera e sono quasi esclusivamente impegnati nelle interruzioni di gravidanza, incastrati in una catena di montaggio agghiacciante. I dati della Regione Lazio parlano di un sistema che tra l’indebolimento pesante della rete dei consultori, la difficoltà di accesso alla RU (la cosiddetta pillola abortiva), la mancanza di copertura del servizio in vasti territori, l’esplosione dell’obiezione di coscienza e l’aumento degli aborti di urgenza di fatto non permette l’applicazione la legge 194 e non garantisce alle donne il diritto di scelta».
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