Internazionale

Nomina per nomina, la squadra di Trump sarà una rappresaglia

I sostenitori di Donald Trump a Rochester, in Pennsylvania foto di Julia Nikhinson/Apsostenitori di Donald Trump a Rochester, in Pennsylvania – Julia Nikhinson/Ap

Potere assoluto Giustizia tra Ken Paxton che vieta l’aborto in Texas e Mike Davis, pronto a «sbattere in galera» la procuratrice che accusa il tycoon

Pubblicato 3 giorni faEdizione del 10 novembre 2024
Luca CeladaLOS ANGELES

Una cosa è assai probabile per il governo Trump Bis, la parola d’ordine sarà «retribution», una rappresaglia maturata nei quattro anni di “esilio” che non si limiterà a perseguire gli avversari della odiata «sinistra radicale», ma potrà allargarsi a quelli che nel suo stesso partito non lo hanno sostenuto abbastanza, a partire dal tentativo di rimanere al potere quattro anni fa.
Fra le nomine di maggiore portata vi sarà la selezione dell’attorney general. Il ministro è costituzionalmente garante indipendente di giustizia, ma di fatto anche il dicastero che proietta il potere giudiziario del presidente. Lo sarà certo assai di più nella concezione assolutista di Trump che nel primo mandato ruppe con i pur reazionari ministri Jeff Sessions e Willam Barr, quando non vollero sottostare alle richieste più smaccatamente anticostituzionali di usare l’apparato dello stato contro avversai politici.

IN LINEA PER SUCCEDERGLI vi sono dunque nomi che abbinano lealtà assoluta al presidente e che ne condividono la visione estrema (ad esempio su repressione del dissenso e dell’immigrazione). Fra i nomi papabili si fanno quelli di Ken Paxton, attuale attorney general del Texas, che in quello stato ha istituito il divieto quasi totale di abortire, difeso la chiusura unilaterale del confine col Messico e querelato l’amministrazione Biden più di cinquanta volte.
All’occasione vi sarebbe però un’opzione più di destra, l’avvocato Mike Davis, che ha dichiarato «deporteremo i neonati coi genitori e i loro nonni, metteremo bambini in gabbia». Soprattutto è fautore della «retribution» promettendo ad esempio di «sbattere in galera» Laetitia James, procuratrice generale di New York responsabile delle condanna penale per illeciti fiscali rimediata quest’anno da Trump.

Il neo eletto presidente degli Stati uniti Donald Trump foto di Alex Brandon/Ap
Il neo eletto presidente degli Stati uniti Donald Trump foto di Alex Brandon/Ap

LA PRATICA IMMIGRAZIONE e deportazione sarà competenza soprattutto del dipartimento della Homeland security e a capo di questo “ministro di sicurezza” potrebbe andare Tom Homan, già direttore del servizio idi immigrazione (Ice), fra i pretoriani più fedelmente alleati di Trump. Dietro le quinte è comunque certo il ritorno in qualità di “immigration czar” di Stephen Miller, già architetto delle politiche di immigrazione, dal “muslim ban” alla fortificazione del muro di confine, sempre all’impronta della difesa “meritocratica” della civiltà occidentale.
Altra componente fondamentale del nuovo ordine securitario sarà l’apparato di intelligence e national security, Fbi e Cia in primis. A Langley sembra attualmente destinato Kash Patel, un altro fedelissimo proveniente dallo staff del ministero della Difesa. Per rendere il tenore, Patel ha di recente dichiarato: «Snideremo tutti i cospiratori, non solo nel governo, ma nei media. Tutti coloro che hanno mentito, che hanno assistito Joe Biden nel rubare le elezioni, vi troveremo…».

AI MINISTERI del Commercio e del Tesoro, dove lo zelo liberista promette di essere attiguo alla corruzione che emana dalla dinastia affarista al centro del potere, sarebbero intanto pronte nomine “ideologiche” per i fautori più isolazionisti dei dazi e della guerra commerciale, come Robert Lighthizer e altri appartenenti a una rosa che comprende principalmente esponenti della grande speculazione finanziaria (ad esempio il manager di hedge fund, John Paulson).
In questo reparto vi sono da segnalare i rapporti non certo ottimi tra Trump e la Banca centrale, la Securities and Exchange Commission (Sec) e il Wto, l’Organizzazione per il commercio globale, ossia ogni e qualsiasi organismo di controllo. La tensione è già trapelata questa settimana con le dichiarazioni del capo della Fed, Jerome Powell, che in sostanza ha detto «non me ne vado neanche se me lo chiede Trump».

I RAPPORTI fra Casa bianca e agenzie normative sicuramente rifletterà il mandato del “progetto 2025” per «smantellare lo stato amministrativo». La crociata prescritta dalla Heritage Society non sarà limitata alle agenzie economiche ma prenderà certo di mira quelle ambientali. Otto anni fa Trump nominò petrolieri a capo dell’Agenzia per l’ambiente (Scott Pruiett) e della Difesa del territorio (Ryan Zinke). Anche questa volta è garantito uno speciale riguardo per l’agenda anti green della principale industria sponsor).
Ove non verrà praticata l’occupazione, potrebbe esservi l’eliminazione diretta. Già annunciata è quella del ministero della pubblica istruzione, dicastero “trofeo” della privatizzazione a oltranza dell’educazione pubblica e del progetto di egemonia “culturale” già in atto nelle scuole di stati rossi come Texas e Florida.
Di peso ideologico forse anche maggiore, sono le agenzie per la salute come Nih e Fda che Trump ha pubblicamente “promesso” a Robert Kennedy Jr. Il salutista

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