Nelle nuove elezioni greche di oggi ci sarà anche il partito del Monte Athos. Con grande ottimismo si chiama Niki (dall’antico «nike», «vittoria») ed è apertamente sponsorizzato da quattro monasteri della «repubblica monastica» che si trova sull’Athos. Inoltre in altri cinque i monaci sono decisamente schierati con l’estrema destra, quindi anche lì Niki ha i suoi sostenitori.

Il nuovo partitino, sorto all’improvviso poco prima delle elezioni di maggio, è guidato dal teologo di provincia Dimitrios Natsios, fino a ieri sconosciuto fuori dall’ambiente ecclesiastico. Niki si colloca nell’area dell’integralismo di estrema destra, una corrente minoritaria che prima della dittatura dei colonnelli era ai margini della Chiesa ortodossa greca o addirittura fuori, seguendo lo scisma dei veterocalendaristi tuttora molto attivi in quell’area politica.

Nell’ultimo mese l’arcivescovo Geronimo ha più volte sbottato contro Natsios, parlando di «volgare tentativo di usare la nostra chiesa come strumento politico» e accusando i suoi seguaci integralisti di «falsificazione del credo cristiano» e «bestemmia». Lo sfogo del primate della chiesa autocefala greca è dovuto anche all’ira delle non poche donne di chiesa, inorridite dal progetto di Natsios di abolire i diritti della comunità Lgbt e vietare aborti, matrimoni civili e battesimi dei figli nati fuori dal matrimonio.

Dimitris Natsios, leader del partito Niki, parla ai suoi sostenitori in un comizio del 22 giugno 2023 foto di AP Photo/Yorgos Karahalis

Anche il premier uscente Kyriakos Mitsotakis spara ad alzo zero contro Niki. Il leader di Nuova Democrazia ha voluto queste seconde elezioni per ottenere la maggioranza assoluta ed essere libero nel suo progetto di svendere del tutto la Grecia. Ma se Niki e qualche altro partitino di estrema destra, tra i tanti presenti sulla scheda elettorale, riescono a superare il 3% ed entrare in Parlamento, il sogno della maggioranza assoluta svanisce. Ecco quindi che Mitsotakis alza i toni nazionalisti e si vanta di aver fatto affogare i migranti per «difendere i confini di Grecia ed Europa».

Nonostante queste reazioni ostili, però, i sondaggi (per quel poco che valgono) dicono che Niki ce la farà a entrare in Parlamento. E questo ha messo in allarme anche i servizi occidentali. Si è sparsa voce che dietro al sostegno dei monaci di Athos ci sia Putin. Per il leader russo, si diceva, sarebbe una doppia vendetta: la comunità monastica del monte si trova in territorio greco ma è sotto la giurisdizione del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli. Con il quale la Chiesa russa è ai ferri corti da quando il patriarca costantinopolitano Bartolomeo ha reso la Chiesa ucraina indipendente da Mosca. Ora con Niki, si sostiene, Athos si ribellerebbe a Costantinopoli. Le attenzioni dei servizi occidentali sono concentrate soprattutto su Panteleimon, il monastero «russo» di Athos. Negli ambienti ecclesiastici l’ipotesi di un’intromissione di Putin non è considerata seria.

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Panteleimon infatti non è «russo» ma «sovietico», visto che una buona metà dei monaci viene dall’Ucraina e da altre repubbliche ex sovietiche. Fonti molto vicine al Patriarcato di Costantinopoli smentiscono qualsiasi iniziativa russa. Non perché il patriarca Kiril di Mosca non lo vorrebbe, ma perché anche la sua Chiesa subisce i duri colpi che ha provocato in tutto il mondo ortodosso la guerra in Ucraina. Se quindi Niki, come sostengono molti, ha ottenuto il supporto dei russi, si tratta di gruppi autonomi non controllati dalle istituzioni.

Un affare greco, in conclusione, con una inusuale intromissione del clero ortodosso nella vita politica, con posizioni ultraconservatrici che aspirano a coprire il vuoto lasciato da Alba Dorata, definita «partito pagano e anticristiano».