Le dichiarazioni del presidente ucraino Zelensky secondo cui sarebbe imminente la distruzione della centrale nucleare di Zaporizhzhia, minata dalle forze russe, sembra siano senza fondamento: «I nostri esperti finora non hanno trovato mine o altri esplosivi», ha detto Rafael Mariano Grossi, direttore dell’Aiea, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica.

SUI SOCIAL NETWORK e sui media ucraini già si vedono post che ricordano che “se la Russia facesse saltare Zaporizhzhia, il disastro colpirebbe circa un miliardo di persone in 40 Paesi al mondo”. Su altri giornali sono apparsi articoli che indicano alla popolazione come agire in caso di disastro nucleare. Gli stessi gruppi che cavalcano l’onda dell’allarme nucleare ricordano che “la guerra ha confini, ma le radiazioni non le hanno”. Si potrebbe aggiungere che le radiazioni non seguono ideologie o simpatie politiche, ma seguono le condizioni atmosferiche. I venti possono trasportarle a ovest (verso i Paesi dell’Unione europea), ma anche a est, verso la stessa Russia. Non avrebbe dunque senso, da parte dei russi, sabotare l’impianto nucleare più grande d’Europa, costruito proprio dall’Urss tra il 1980 e il 1996. Un incidente avrebbe pesantissime ricadute economiche sulla stessa industria nucleare russa, che a oggi ha appalti per circa 250 miliardi di dollari.

LE NOTIZIE su cui si basano le minacce di un atto terroristico sono partite lo scorso 20 giugno dal capo dell’intelligence militare ucraina, Kyrylo Budanov, seguite, come sempre, dall’Energoatom, l’Agenzia atomica ucraina che in questi 16 mesi di guerra ha più volte paventato piani di disastri nucleari a Chernobyl e Zaporizhzhia organizzati da Mosca. Piani puntualmente mai concretizzatisi. Secondo l’Energoatom i russi avrebbero già minato la sala turbine dei reattori nucleari e il perimetro dell’intero impianto.

Le dichiarazioni di Grossi, secondo cui non vi sarebbero evidenze di minamenti nella centrale, sono state pesantemente criticate dai media ucraini. «Le parole di Grossi sembrano follia perché il mondo intero sta affrontando la minaccia di vedere esplodere una delle più grandi centrali nucleari al mondo, ma invece di far pressione sulla Russia affinché abbandoni il sito, sentiamo commenti da parte di leader mondiali (Grossi, ndr) su quanto siano sicure le mine nelle unità di potenza della centrale», si legge sul blog di VisitUkraine.today. I rappresentanti dell’Aiea presenti a Zaporizhzhia hanno controllato tutte le sei unità che contengono i reattori nucleari, parti del sistema di raffreddamento, la chiusa che isola il canale di scarico della centrale termica di Zaporizhzhia e i collegamenti idraulici del bacino di raffreddamento d’emergenza senza trovare traccia di esplosivi.

NESSUNA PREOCCUPAZIONE imminente, invece, per gli effetti causati dalla distruzione della diga di Kakhovka: grazie alle intense piogge e all’abbassamento delle temperature atmosferiche, il bacino naturale del Dniepr da cui la centrale attinge l’acqua di raffreddamento, è tornato a innalzarsi raggiungendo i 17 metri (la soglia minima di pescaggio è di 12,7 metri).
Cinque dei sei reattori sono in arresto a freddo (significa che non hanno bisogno di grandi quantità d’acqua per raffreddare il nucleo e comunque anche in caso di arresto del ricircolo la temperatura si innalza molto lentamente), mentre uno (l’Unità 5) è un arresto a caldo per far funzionare gli apparati ausiliari. Gli esperti dell’Aiea hanno ispezionato la sala di controllo dell’Unità 5 per verificare la possibilità di un arresto a freddo anche per questa unità.

RIMANE INVECE critica la situazione dell’alimentazione elettrica: solo una linea elettrica era rimasta operativa per poter fornire energia al fine di mantenere in moto le pompe che permettono la circolazione dell’acqua di raffreddamento nei reattori, ieri è stata riconnessa quella di riserva interrotta il 1 marzo dagli scontri sul fiume Dnipro. Anche in questo caso, però, in caso di mancanza di energia elettrica entrerebbero in funzione i generatori diesel d’emergenza che garantirebbero il ricircolo del liquido di raffreddamento per almeno una settimana.

CREARE UN INCIDENTE nucleare in una centrale come quella di Zaporizhzhia non è affatto semplice: esclusa la possibilità di bombardamento dei reattori con armi convenzionali, anche potenti (il nucleo del reattore è difeso da una tripla protezione in acciaio e calcestruzzo rinforzato), il modo più “semplice” per indurre un meltdown artificiale è quello di interrompere il raffreddamento. Anche in questo caso, però, la bassa temperatura dei reattori agirebbe a vantaggio della sicurezza, allungando il tempo necessario per una parziale fusione del combustibile nucleare. L’incidente di Fukushima, che potrebbe rappresentare il metro di paragone più vicino a questa eventualità, ha insegnato che anche per i reattori funzionanti (a temperature di molto superiori a quelle a cui si trovano i sei reattori ucraini), il meltdown non ha perforato il contenitore primario, limitando la fuoriuscita di radioattività nell’ambiente.