La deriva destrorsa di Twitter è iniziata con l’acquisizione da parte di Elon Musk per 44 miliardi di dollari. Fra i primi atti del nuovo volubile proprietario  vi è stata la fornitura ad alcuni giornalisti  “scelti” di documenti interni he avrebbero dovuto provare la collusione della precedente direzione con l’amministrazione Biden per censurare le “voci conservatrici” – i cosiddetti “Twitter files”. Da allora vi è stato un allineamento via via maggiore della piattaforma all’ethos Maga, sempre, s’intende, sotto l’egida della “totale libertà d’espressione”, cavallo di battaglia della destra. Una progressione culminata nella diretta con Tucker Carlson offerta il mese scorso a Trump, mentre gli altri candidati Gop erano impegnati a dibattere tra di loro. Carlson è l’ex mezzobusto ritenuto troppo controverso perfino per la Fox, a cui Musk ha offerto un programma su X.

Nell’arco di un anno il padre padrone del social ha accumulato ingenti perdite per la fuga di inserzionisti, inveito contro il woke mind virus e adottato appieno, come ha scritto Ronan Farrow nel recente profilo sul New Yorker, il “vernacolare alt right.” Fra polemiche e monetizzazioni mal riuscite (come l’affitto delle spuntature blu), Musk è riuscito ad alienare utenti e inserzionisti ed ha sistematicamente demolito quello che ne bene e nel male era stato, nel panorama dei social, un canale trasversale di discorso politico, culturale e giornalistico. Intanto fra promozione di bitcoin e meme maschilisti, il tempo e l’impegno che l’uomo più ricco del mondo dedica alla sua rete, fanno pensare che il successo in auto elettriche e missioni spaziali non siano sufficienti ad appagare un forte bisogno di presenzialismo.

Di recente Musk ha preso ad amplificare post marcatamente antisemiti, come ad esempio gli attacchi a George Soros, il 93enne finanziere ungherese la cui fondazione è sponsor di cause progressiste, un’antifona favorita dell’antisemitismo risorgente nella nuova destra globale. Negli ultimi giorni è stato ripetuto con identica formulazione da Matteo Salvini e da Elon Musk che in un tweet lo accusava di voler “distruggere la civiltà occidentale”. L’ultima riprova di come la piattaforma oggi nota come X, sia diventata dopo l’acquisto di Twitter da parte del miliardario sudafricano, un aggregatore di tropi razzisti, xenofobi ed estremisti. (Domenica anche Trump ha criticato i “liberal jews” per non averlo appoggiato nel suo sostegno incondizionato per Israele).

Lo scorso marzo un’analisi dei britannici Institute for Strategic Dialogue e Casm Technology ha rilevato come le manifestazioni antisemite fossero “più che raddoppiate” dopo l’acquisizione della piattaforma da parte di Musk. Alla stessa conclusione era arrivato il Center for Countering Digital Hate un osservatorio no profit di hate speech che ha comprovato il rifiuto di X di rimuovere contenuti violenti anche quando segnalati. Per tutta risposta Musk ha querelato l’associazione per diffamazione. La scorsa settimana ha sporto querela anche contro la California, per una legge che dall’anno prossimo imporrà la moderazione dei contenuti estremi.

La virulenza dei contenuti antisemiti ha attirato le critiche della Anti Defamation League, la maggiore associazione che monitora e combatte l’antisemitismo negli Stati uniti. Il direttore della Adl, Jonathan Greenblatt, ha ricordato come X sia oggi un centro di “dilagante invettiva anti semita ed anti Israele, degna di cosacchi e neonazisti.”  Con altre 60 associazioni coalizzate come #StopToxicTwitter, la Adl  ha invitato gli inserzionisti a limitare l’acquisto di spazi su X. Musk ha minacciato di querelare ADL per il calo di 60% della pubblicità che attribuisce alle critiche. Da canto loro gli estremisti hanno lanciato l’hashtag #BanTheAdl per aggregare e ribadire il loro messaggi.

L’escalation della polemica spiega l’incontro avvenuto ieri fra Musk Benjamin Netanyahu per intercessione di “amici e alleati” ebrei di Musk. Il proprietario di Tesla e Space X è uomo abituato a farsi ricevere nelle cancellerie del mondo, il primo ministro israeliano è tuttavia il primo a recarsi direttamente alla corte di Musk, allungando di 10.000 km il suo viaggio all’assemblea generale Onu in corso a New York. Nel calcolo della visita cono rientrati certo gli interessi di una nazione fortemente investita nel settore tecnologico, ma l’intento immediato è stato di fornire un assist a Musk, smorzando le accuse di antisemitismo. Il “summit”  presso lo stabilimento Tesla di Fremont, ha preso la forma di una diretta Twitter in cui i due hanno dialogato in stile podcast su massimi sistemi, tecnologia e politica, fra scambi di convenevoli, complimenti ed elogi reciprochi, soprattutto da parte di Netanyahu che ha ripetutamente definito l’ospite come l’uomo più erudito del mondo.

Musk ha invitato il primo ministro a “chiarire” il progetto di riforma costituzionale che da mesi provoca convulse proteste popolari nel suo paese e rettificare le critiche nella stampa americana.  “Come il New York Times, che tanto non ne azzecca una…”  ha aggiunto Netanyahu, che ha sostenuto di voler solo rettificare l’eccessivo potere della corte costituzionale, e che se non fosse possibile trovare un accordo con l’opposizione “allora cercherò di farlo col popolo”.

Netanyahu ha chiesto consiglio sui rischi dell’intelligenza artificiale. Musk ha affermato di averne parlato con “molti leader del mondo” compresi esponenti del governo di Xi Jinping cui ha cercato di convincere dei pericoli di raggiungere una supremazia in questo settore senza le dovute garanzie. “Nell’ Ai non sono i robot a detenere la potenza come in Terminator,” ha spiegato l’uomo che ha anche citato la “Guida galattica per autostoppisti” come sua massima fonte di ispirazione filosofica. “Il potere risiede piuttosto nei massicci centri di data processing, e questi sono individuabili dallo spazio per il consumo di energia”. I due hanno convenuto sull’opportunità di contenimento come è stato fatto per gli armamenti nucleari.

Alla fine, la discussione ha toccato il tema clou dell’antisemitismo dilagante sulla piattaforma dell’imprenditore sudafricano. Netanyahu ha espresso la propria condanna di espressioni di odio (“sia da destra che dagli ultra-progressisti”) che prendono di mira intere popolazioni ed il loro diritto di esistere. Musk ha ribadito la necessità di attenersi alla assoluta libertà di espressione formulata nel primo emendamento della costituzione americana. Quando Netanyahu ha chiesto cosa poetesse fare per contenere l’antisemitismo pur nel rispetto di quella norma, Musk preso una larga tangente sul “destino multi planetario della civilità” e sulle “negatività” che rischiano di comprometterlo, annunciando il progetto di un prossimo abbonamento universale ad X per limitare “l’opera di bot nell’amplificare contenuti negativi”.

Assente dall’excursus invece ogni riferimento al proprio ruolo diretto nel ripostare a milioni di seguaci i messaggi di odio dei suoi seguaci che, malgrado tutto, continuano a venerarlo come un demiurgo di imprenditoria nello stampo di Tony Stark (se l’alter ego di Iron Man avesse affinità neofasciste.) Ad ogni modo l’incontro – e la deferenza di Netanyahu – hanno legittimato  il ruolo di Musk come oligarca “superstatista” con interessi politici e financo geopolitici che trascendono le semplici sovranità nazionali. Questa dimensione è divenuta particolarmente evidente con il ruolo ricoperto dal sistema Starlink, in grado di garantire la connettività internet via satellite.

La rete ha fatto molto parlare per il ruolo ricoperto nel conflitto in Ucraina – particolarmente cruciale per le operazioni militari. Musk ha inizialmente concesso gratuitamente il sistema agli Ucraini, cominciando in seguito a lamentarsi per i costi sostenuti. Successivamente Musk è stato rimborsato dal Pentagono, ma ha mantenuto la prerogativa di “spegnere” il servizio a sua discrezione. Lo ha fatto ad esempio, come è stato recentemente rivelato, per impedire un attacco ucraino a sorpresa in Crimea. Sabato scorso un razzo Falcon decollato da Cape Canaveral ha lanciato in orbita 22 nuovi satelliti Starlink, l’ultimo di  65 lanci effettuati quest’anno (oltre 4500 satelliti sono attualmente in orbita).

La guerra ucraina ha dunque messo in chiaro come aziende private come quelle di Musk abbiano per la prima volta un potere effettivo maggiore ed indipendente da quello di stati nazionali e perfino di superpotenze (Musk afferma di dialogare direttamente e regolarmente col Cremlino oltre che con la Casa bianca). Come documentato da Farrow sul New Yorker, ogni decisone viene comunque presa in autonomia, facendo di Musk un operatore privato dallo smisurato peso su uno scenario geopolitico in forte evoluzione (Farrow scrive di come, nel suo articolo, alti ufficiali del Pentagono non rilasciassero dichiarazioni senza previa autorizzazione dello stesso Musk).

Non sorprende poi tanto, insomma, che un capo di stato valuti più importante un incontro con Musk che una seduta delle Nazioni unite.