«L’autocisterna con il carburante è riuscita a raggiungere l’ospedale ma i tecnici non sono ancora riusciti a rimettere in funzione il generatore autonomo. La situazione resta molto difficile» ci aggiornava ieri sera un alto funzionario delle Nazioni unite che segue la vicenda dell’ospedale Nasser di Khan Yunis, circondato dall’esercito israeliano e in cui cinque équipe mediche e almeno 120 pazienti sono bloccati quasi senza acqua, cibo ed elettricità. Gli automezzi con i rifornimenti organizzati da Ocha (Onu) e dall’Oms sono lì a poche decine di metri, con medicine, incubatrici e generi di prima necessità. Ma ci sono i carri armati e passare è troppo rischioso. Per l’esercito israeliano – che questa settimana ha colpito e assaltato il Nasser dove ha arrestato un centinaio di persone – nell’ospedale palestinese invece c’è tutto il necessario. I suoi soldati, afferma, avrebbero consegnato quanto serve. E continua la sua pressione, accusando il personale sanitario del Nasser di coprire «le attività di Hamas». I comandi israeliani dicono che oggi autorizzeranno l’evacuazione dall’ospedale dei pazienti più gravi, ma nel personale medico e gli operatori umanitari prevale lo scetticismo.

Bombe sganciate da aerei israeliani – tutte Made in Usa, e Washington, scrive il Wall Street Journal, presto ne consegnerà altre a Tel Aviv per decine di milioni di dollari – sono piovute ieri su case a Zawaida, Nuseirat e Deir al Balah. Otto gli uccisi, altre decine di persone sono rimaste ferite e intrappolate sotto le macerie. Tre morti a est di Gaza city nel bombardamento della moschea Islah. A Sheikh Radwan dieci membri della famiglia Khaled sono stati uccisi da un raid aereo. Stessa la sorte di cinque persone colpite nell’abitazione dei Masoud a Sabra. A Qarara uccisi altri sette palestinesi. Israele afferma di aver ucciso il palestinese che ieri ha lanciato un razzo verso Ashkelon (intercettato).

Il ministero della sanità di Gaza ha riferito di 83 uccisi nelle ultime 24 ore. Sono decine invece i palestinesi di Khan Yunis bendati e ammanettati, con tute di colore bianco, trasferiti in Israele per essere interrogati dai servizi segreti: ieri sera sono stati mostrati come un trofeo dalla tv pubblica Kan.

Nazioni unite
Gli attacchi aerei sul sud si stanno intensificando spingendo le persone a fuggire verso il centro della Striscia. Nel nord la gente è sull’orlo della carestia

A Nord di Gaza si muore di fame. Human Rights Monitor ha documentato il caso di una ragazza di nome Hanin Jumaa deceduta per disidratazione e mancanza di cibo. Hamas ha avvertito che non continuerà le trattative per il cessate il fuoco se Israele non permetterà l’arrivo di aiuti umanitari al nord della Striscia, isolato e dove i comandi militari e il governo Netanyahu non intendono autorizzare il ritorno degli sfollati ora ammassati a Rafah, nel sud. Il capo dell’ufficio politico del movimento islamico Ismail Haniyeh ha aggiunto che la sua organizzazione continua a chiedere «la completa cessazione dell’aggressione, il ritiro dell’esercito di occupazione da Gaza e la fine dell’ingiusto assedio» oltre alla scarcerazione di prigionieri politici palestinesi di alto profilo in cambio della liberazione degli ostaggi a Gaza.

Migliaia di israeliani ieri hanno affollato via Kaplan a Tel Aviv, e il centro di Cesarea, Haifa, Gerusalemme e altre città per chiedere le dimissioni di Netanyahu e la liberazione degli ostaggi a casa attraverso un negoziato. Immediata la risposta del primo ministro.

Il primo ministro Benjamin Netanyahu, parlando in una conferenza stampa, ha affermato che «La vittoria è a portata di mano – ha detto in diretta tv – Combatteremo finché non raggiungeremo tutti gli obiettivi della guerra. I negoziati (per la liberazione degli ostaggi) richiedono una posizione ferma. Le richieste di Hamas sono illusorie. Significano solo una cosa: la sconfitta per Israele. Naturalmente non saremo d’accordo».

Sulla linea della guerra ad oltranza di Netanyahu è il presidente israeliano Isaac Herzog secondo il quale Hamas deve essere sradicato prima della «normalizzazione» con il mondo arabo. Si è riferito alle dichiarazioni fatte alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco da Antony Blinken. Il segretario di stato Usa ha parlato di «straordinaria opportunità» per Israele di avviare relazioni diplomatiche piene con l’Arabia saudita e altri paesi arabi se accetterà la nascita di uno Stato palestinese.

Ieri sera la tv Canale 13 ha riferito di una riunione di gabinetto notturna in cui Netanyahu ha presentato un documento di opposizione a uno Stato palestinese. Durante la riunione il centrista Benny Gantz, considerato da molti un’alternativa al primo ministro di destra, ha affermato «Per la cronaca, anche io sono contrario a uno Stato palestinese».

A Rafah la preoccupazione per un attacco israeliano è aumentata. Netanyahu ieri sera ha confermato che l’avanzata sulla città si farà nonostante gli Stati uniti, l’Ue e altri paesi si siano dichiarati contro l’offensiva. Netanyahu ha precisato che l’operazione militare comincerà solo dopo l’evacuazione dei civili da Rafah. A Gaza però c’è un rifugio sicuro e il caos e la paura aggravano la crisi umanitaria. In questi giorni gli abitanti di Khan Yunis sotto attacco scappano verso Rafah sperando di trovare posto nelle tendopoli mentre migliaia di coloro che sono nella città al confine con l’Egitto si allontanano senza sapere dove andare. «Gli attacchi aerei su Rafah si stanno intensificando spingendo le persone a fuggire verso il centro di Gaza. Nel nord la popolazione è sull’orlo della carestia», avvertono le Nazioni unite.

Intanto Israele prepara il suo piano per gestire il mese Ramadan. Il ministro della Sicurezza e leader dell’ultradestra Itamar Ben Gvir vuole impedire ai palestinesi della Cisgiordania di ogni età l’accesso alla Spianata della moschea di Al Aqsa a Gerusalemme.