Nel voto la resistenza delle donne dopo la rivolta del movimento #MeToo
In vista del midterm Mai così tante americane mobilitate, mai così tante le candidate. Un movimento dal lungo percorso: 5 milioni di persone in piazza il 21 gennaio 2017, il giorno dopo l’insediamento di Trump alla Casa bianca, si sonio poi trasformate nella campagna anti molestie
In vista del midterm Mai così tante americane mobilitate, mai così tante le candidate. Un movimento dal lungo percorso: 5 milioni di persone in piazza il 21 gennaio 2017, il giorno dopo l’insediamento di Trump alla Casa bianca, si sonio poi trasformate nella campagna anti molestie
Queste elezioni di midterm oltre a ridefinire il Congresso Usa per i prossimi due anni, sono anche una redefinizione identitaria per entrambi i partiti che devono decidere quanto a sinistra o all’estrema destra devono riposizionarsi, ma anche come sono cambiati in termini di rappresentanza.
Stavolta un dato significativo è la presenza femminile; le donne americane, in ere recenti, non sono mai state così mobilitate e non ci sono mai state così tante candidate alla scalata del Congresso, tanto che per la prima volta le donne potrebbero conquistare un quarto dei seggi disponibili alla Camera e al Senato.
In corsa per l’elezione ci sono 257 candidate. Le deputate, in particolare, al momento sono 84 (61 democratiche e 23 repubblicane), ma potrebbero toccare una vetta storica superando i 100 seggi. Secondo i dati forniti dal Center for Women and American Politics (Cawp) di Rutgers, durante le primarie 61 donne, 41 democratiche e 20 repubblicane, si sono presentate per rappresentare il loro partito per la nomination alla carica di governatore e ora, per quella carica, sono in corsa 12 democratiche e quattro repubblicane.
I dati poi si incrociano con quelli delle minoranze: i democratici hanno più candidate che potrebbero diventare le prime donne musulmane (Ilhan Omar in Minnesota e Rashida Tlaib in Michigan) e la prima donna nativa americana al Congresso (Deb Haaland in New Mexico), la prima donna afroamericana a diventare governatore (Stacey Abrams in Georgia) e la prima donna transgender nominata governatore (Christine Hallquist in Vermont).
Da questi dati rilevanti si evince che i democratici sono arrivati al voto di midterm appoggiandosi all’energia e all’entusiasmo verso l’innovazione per motivare gli elettori, mentre i repubblicani hanno scommesso più sulla paura e l’avversione al cambiamento. Nella misura in cui «politica identitaria» significa concentrarsi sulle caratteristiche demografiche di un partito piuttosto che sulla sua ideologia, il midterm del 2018 dovrebbe essere considerato come un’elezione sulla politica identitaria.
La cosiddetta resistenza americana che ha portato a questo punto è cominciata il 21 gennaio 2017, il giorno seguente l’insediamento di Trump alla Casa bianca, con la marcia delle donne, la più grande manifestazione della storia statunitense, che ha mobilitato più di cinque milioni di persone in tutti gli Stati uniti, allo scopo di difendere le leggi e le politiche in materia di diritti umani, diritti delle donne, la riforma dell’immigrazione, la riforma sanitaria, il diritto all’aborto, la protezione dell’ambiente, i diritti Lgbtq, l’uguaglianza razziale, la libertà di religione, i diritti dei lavoratori, visto che fin dalla campagna per le primarie si era capito che Trump, se eletto, avrebbe cercato di distruggere tutti questi punti fermi.
Questa presa di posizione femminile ha preparato il terreno per il movimento che ha scosso gli Usa in molti campi, il movimento #MeToo contro le molestie e le aggressioni sessuali.
L’hashtag MeToo si è diffuso pochi mesi dopo la marcia delle donne, nell’ottobre 2017, a seguito delle accuse di cattiva condotta sessuale contro il produttore hollywoodiano Harvey Weinstein, per denunciare la prevalenza diffusa di violenze, pressioni e molestie sessuali a cui le donne sono esposte soprattutto sul posto di lavoro.
L’attivista Tarana Burke aveva iniziato a usare l’espressione già nel 2006 ed è stata poi ripresa su Twitter dall’attrice Alyssa Milano che nell’autunno 2017 ha incoraggiando le vittime di molestie sessuali ad usarla come hashtag, per dare un’idea della grandezza del problema. E così è stato: in poche ore donne americane prima, e in breve di tutto il mondo, hanno raccontato via Twitter le proprie esperienze, e #metoo è rimasto in testa ai trending topics mondiali per giorni.
Nel 2017 il movimento è stato premiato dal Time come «persona dell’anno». E questa ondata di consapevolezza condivisa e questa presa di coraggio collettiva hanno provocato un terremoto che ha fatto cadere teste non solo di destra, dimostrando quanto questo problema sia trasversale. Su questo terreno si è svolta, un anno dopo, nell’ottobre 2018, l’audizione del giudice ultra conservatore Brett Kavanaugh come nuovo membro della Corte Suprema degli Stati uniti.
Nonostante le accuse di aggressione sessuale e la testimonianza sotto giuramento della professoressa californiana Christine Blasey Ford che ha scosso l’opinione pubblica americana da destra a sinistra, Il giudice è stato confermato dal voto del Senato con un margine minimo di 50 a 48; la nomina del giudice ha portato migliaia di donne a manifestare per giorni, a radunarsi davanti la corte e a cercare di occupare il Congresso, e mai come in questo caso l’identità del partito repubblicano si è assestata su quella del maschio bianco eterosessuale di mezza etá, mentre fuori dall’aula del senato venivano arrestate centinaia di attiviste.
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