«Nel mondo di oggi non c’è più posto per il colonialismo»
Israele/Palestina Intervista al poeta palestinese Najwan Darwish, autore di «Più nulla da perdere»: «Questa non è la guerra di Israele contro Hamas. È la guerra di Israele contro tutto il popolo palestinese, di cui Hamas rappresenta solo una parte»
Israele/Palestina Intervista al poeta palestinese Najwan Darwish, autore di «Più nulla da perdere»: «Questa non è la guerra di Israele contro Hamas. È la guerra di Israele contro tutto il popolo palestinese, di cui Hamas rappresenta solo una parte»
In Italia per ritirare il Premio Cilento Poesia, il poeta palestinese Najwan Darwish è partito da Gerusalemme poco prima dell’attacco di Hamas e la conseguente operazione israeliana sulla Striscia. Ha rilasciato un’intervista al manifesto sulla drammatica escalation di violenze in Israele e Palestina e le responsabilità della diplomazia internazionale.
Lei vive tra Gerusalemme e Haifa. L’attuale escalation ha radici molto lontane, ma se guardiamo al passato più recente, vediamo che da alcuni anni la situazione a Gerusalemme e nei Territori è in ebollizione. Qual è la reazione dei palestinesi in Cisgiordania e Gerusalemme a quanto sta avvenendo in queste ore a Gaza, in seguito all’attacco di Hamas, senza precedenti nella storia del conflitto?
Proviamo molta rabbia per i crimini perpetrati da Israele a Gaza: due milioni di persone sono sotto bombardamento costante, senza elettricità e servizi di base, gli aerei israeliani li stanno bombardando 24 ore su 24. Si registrano centinaia di morti e migliaia di feriti senza assistenza medica. I bambini nati prematuri negli ospedali rischiano di morire e i malati di cancro a Gaza sono senza cure e ciò da prima di quest’ultima guerra, a causa dell’assedio imposto da Israele. Nel resto della Palestina, le persone sono soggette alla violenza del regime coloniale e dei coloni. I crimini dell’occupazione sono chiari a chiunque voglia vederli. La situazione rimarrà esplosiva finché non verrà smantellata l’occupazione coloniale israeliana. Non c’è più posto per i regimi e i rapporti di forza coloniali nel mondo di oggi.
Ha destato sorpresa la capacità di Hamas di entrare in Israele aggirando i suoi sofisticati sistemi di sicurezza.
Non sono un esperto militare per rispondere a questa domanda. Ma questa non è la guerra di Israele contro Hamas come viene dipinta dai media occidentali, che adottano termini e prospettive dei media israeliani. È invece la guerra di Israele contro tutto il popolo palestinese, di cui Hamas rappresenta solo una parte. È una guerra il cui obiettivo finale è l’occupazione di tutta la Palestina e l’annientamento del popolo palestinese nel senso politico del termine, un progetto che va avanti dal 1948. Hamas è solo una delle tanti organizzazioni politiche palestinesi sorte in risposta al progetto d’occupazione coloniale. La guerra di Israele è contro l’intero popolo palestinese, quello depredato e sfollato, quello a cui è stato impedito di tornare nella propria terra. Ma i popoli non vengono sconfitti. Questa è una lezione che un fine statista come de Gaulle comprese quando la Francia si ritirò dall’Algeria, ma che oggi non viene compresa da politici europei mediocri sotto il ricatto di Netanyahu e dei suoi alleati.
La narrazione giornalistica dominante in Italia di questa nuova escalation è completamente orientata alla solidarietà con Israele e al sostegno del suo diritto alla difesa con qualunque mezzo. Sono pochi a ricordare lo stato di oppressione patito dal popolo palestinese e le continue violazioni del diritto internazionale e dei diritti umani operate da Israele. Le voci palestinesi sono escluse da questo dibattito. Come scrittore palestinese cosa pensi dell’asimmetria con cui il mondo occidentale guarda da sempre alla questione palestinese?
Personalmente, sono giunto alla conclusione che nonostante la lunga storia coloniale di molti paesi europei, in Europa non abbiate idea di cosa significhi il colonialismo, di cosa voglia dire vivere sotto la minaccia di coloni che mirano a rubare terre e annientare il popolo nativo. Per capire cosa accade in Palestina da troppo tempo ormai, gli europei dovrebbero rivedere il sistema neoliberista di cui sono paladini, ripensando alla sua brutalità. Ci sono oltre due milioni di persone a Gaza, la maggior parte delle quali originariamente rifugiate del 1948. Il mondo deve ricordare che al popolo di Gaza appartengono anche Haifa, Giaffa, Acri, Lidda, Ramla e altre città e villaggi della Palestina che furono occupati dal movimento sionista nel 1948. Il mondo deve ricordare che Israele occupa territori palestinesi, illegalmente secondo il diritto internazionale e che occorre porre fine a questa ingiustizia storica.
È qui per ricevere il suo primo Premio italiano di poesia per la raccolta «Più nulla da perdere». Un’opera costellata di riferimenti alla surreale quotidianità dei palestinesi, ma anche alla storia e alla memoria, e in cui porta alla ribalta la dimensione pluri-identitaria della società e del popolo a cui appartieni. Quanto possono ancora l’arte e la cultura esprimere la diversità e la complessità dell’esistenza palestinese davanti alle semplificazioni delle narrazioni dominanti appiattite sull’equazione palestinesi=Hamas=terrorismo?
La visione aperta verso il mondo e verso le identità e culture presente in questo libro è la visione del popolo palestinese, la visione di Gerusalemme, la città della crocifissione di Cristo, il primo martire palestinese per la libertà umana. Gerusalemme, a partire dal dominio islamico, è stata testimone di forme di convivenza, pluralismo e diversità. Prima del progetto sionista, nessuno aveva pensato di trasformarla in una città dall’identità chiusa ed esclusiva come l’occupazione israeliana fa oggi. Oggi combattiamo in difesa delle idee di pluralismo, apertura e diversità culturale di fronte alla natura fascista del progetto sionista. La poesia rappresenta anche una mia testimonianza di essere umano davanti alla Storia e contro le menzogne della politica mondiale. E se la mia poesia ha un qualche valore, deve tutto alla grande umanità che la Palestina incarna, deve tutto al popolo palestinese che resiste. La nostra resistenza è per la libertà umana, non solo per la libertà di un popolo. Il nostro popolo rivendica il diritto di vivere in libertà e dignità. Vogliamo vivere e morire su un territorio non occupato. Israele ha rovinato la vita di molte generazioni dal 1948, e noi vogliamo che tutto questo finisca. Vogliamo che i bambini abbiano una vita migliore di quella vissuta sotto la violenza dell’occupazione israeliana. Vogliamo che tutti i bambini in Palestina possano vivere una vita normale.
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