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Nel Mediterraneo una inarrestabile strage

Scenari Per l’«l’eurobarometro» la prima, vera ragione che porterà alle urne gli elettori e le elettrici alle elezioni europee di maggio è l’immigrazione

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 4 aprile 2019

L’ultima tragedia, di cui abbiamo saputo solo perché informati da Alarm Phone, riguarda 50 persone scomparse.

Persone lasciate morire senza soccorso, sacrificate a una cinica propaganda che purtroppo produce consenso. 311 morti accertati nel Mediterraneo dall’inizio dell’anno e 593 scomparsi (senza contare i 50 di lunedì notte), secondo l’Oim.

UN NUMERO certamene inferiore alla realtà, visto che nella frontiera più letale del mondo non c’è quasi più nessuno a documentare e a soccorrere. Anche per questa ragione la missione di «Mediterranea» deve andare avanti e va rafforzata. L’assemblea che si terrà al Macro di Roma sabato e domenica prossima serve anche a questo, a dare visibilità e coraggio all’Italia che non si arrende alla cultura della morte e che crede nei principi della costituzione.

Se novecento sono i migranti che hanno visto infrangersi le proprie speranze davanti ai tanti muri che oramai rappresentano la principale caratteristica dell’identità europea, altri 996, i “salvati”, sono stati nello stesso periodo riportati indietro dalla cosiddetta guardia costiera libica. Uomini, donne e bambini condannati, come le istituzioni internazionali hanno documentato, a un destino di torture, violenza e morte. Nei primi tre mesi dell’anno, in Italia sono arrivate via mare poco più di 500 persone. La piccola Malta, nello stesso periodo, ha accolto, in percentuale alla popolazione, circa mille volte in più del nostro paese.

Per non parlare di Grecia e Spagna, sulle cui coste, negli stessi mesi, sono sbarcati in tutto quasi 14 mila migranti.

INTANTO aumentano le persecuzioni, i conflitti, i disastri ambientali, di cui spesso responsabili o mandanti sono proprio i governi europei. Ma dei circa 70 milioni di esseri umani che nel mondo sono costretti a fuggire dalle proprie case, in Europa ne arriva una piccolissima parte e tuttavia su di essi si accanisce la destra xenofoba.
In Italia il razzismo è certamente la stella popolare del governo a trazione leghista, ma è anche stato in questi anni un tratto fondamentale delle politiche dei governi “democratici e socialisti” europei.
Sono almeno vent’anni che governi di segno opposto producono riforme legislative che vanno nella stessa direzione, sottraendo diritti agli stranieri. Da un lato c’è Salvini che propone la ricetta “prima gli italiani”, sostenendo che togliere diritti agli stranieri ne migliorerà la condizione.

DALL’ALTRO si persevera nel pensare di ridurre lo spazio delle destre cavalcando un “razzismo democratico”, giustificato da più “nobili” motivazioni, come quella di combattere i trafficanti. E così si è passati dalla guerra di Veltroni contro i rumeni, dopo l’omicidio Reggiani, all’Accordo di Integrazione di Amato, che stigmatizza le persone di origine straniera, alla più recente legge Orlando Minniti, un obbrobrio giuridico che ha sottratto garanzie ad una dei gruppi più vulnerabili del pianeta, i richiedenti asilo. In tutti questi casi, un pezzo della base elettorale delle forze di centrosinistra è stato consegnato culturalmente alle destre xenofobe.

MA LE SCONFITTE non sembrano aver insegnato nulla ai dirigenti di quei partiti, che perseverano nell’errore, sostenuti da autorevoli commentatori e studiosi che, per compiacere il potente di turno, si ostinano a spiegarci perché è giusto pensare male degli stranieri e quindi adottare politiche e leggi che discriminano, ovviamente «nel loro interesse e nell’interesse del Paese».
La manifestazione di Milano, così come le tante iniziative di accoglienza civica e di reazione al razzismo di Stato, ci dicono che c’è un Paese migliore di quello rappresentato da questo governo e che c’è bisogno di connettere tutte le realtà che reagiscono e che non si arrendono all’egemonia culturale della destra. Ma c’è bisogno di dare continuità a una reazione ampia che necessita di punti di riferimento certi e unitari.

SE È VERO, come racconta l’eurobarometro, che la prima ragione che porterà alle urne gli elettori e le elettrici alle elezioni europee di maggio è l’immigrazione, bisogna avere consapevolezza che parlare d’altro o scimmiottare le destre non serve a sottrarre consensi alle forze razziste. Bisogna lavorare per costruire un’ampia alleanza sociale per i diritti, sfidando senza ambiguità la destra su questo terreno e alzando la voce contro chi oggi cerca di cancellare secoli di civiltà giuridica e di conquiste proprio sul terreno dei diritti umani. Serve un’iniziativa che abbia continuità, larga e plurale, chiaramente antirazzista, che rappresenti una alternativa culturale, prima ancora che politica. Un’alleanza che dia voce ai protagonisti, alle persone di origine straniera. A tutti quegli uomini e quelle donne che vedono ridursi diritti, libertà, opportunità d’integrazione ed emancipazione. Ai giovani di origine straniera che, come i loro coetanei italiani, saranno costretti a lasciare un Paese che li respinge, li discrimina e li criminalizza.

Un’alleanza che abbia la nostra Costituzione come principale punto di riferimento e riparta da questi giovani per costruire il futuro.

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