«Nel Bronx, le comunità non votano e sono stanche di subire»
Intervista Claudia De la Cruz, militante afro-latina
Intervista Claudia De la Cruz, militante afro-latina
Il bel volto afro-latino spicca nella delegazione statunitense. Claudia De la Cruz è venuta dal Bronx a Roma per partecipare al III Incontro mondiale dei movimenti polari, voluto dal papa. Immigrata di seconda generazione da genitori della Repubblica dominicana, fa parte dei collettivi giovanili – Arte y rebeldia e Las Mariposas urbanas – che insegnano «alle donne, negre e latine, e ai ragazzi tra i 18 e i 25 anni, come si fa politica contando sulle proprie forze, nel solco di chi ha dato l’esempio prima di noi. Utilizziamo – spiega al manifesto – soprattutto la street art e l’hip pop». Un lavoro coordinato con altre situazioni nazionali e internazionali auto-organizzate «come i Sem Terra brasiliani, le donne filippine, il centro Martin Luther King a Cuba e i collettivi di graffitisti come Tiuna al Fuerte o Hip pop revolucion che organizzano incontri filosofici con i poveri in Venezuela. Lavoriamo – spiega ancora – con i poveri del Bronx, a cui prima Chavez e poi Maduro stanno inviando petrolio gratuito per scaldare le case d’inverno».
Finanziamenti? «Non per questo genere di programmi, non siamo una ong, ma un’organizzazione politica con obiettivi definiti: costruire un’alternativa al capitalismo a partire dalle comunità organizzate, dal potere popolare. Le élite mondiali si riuniscono e pianificano, come movimento mondiale dobbiamo farlo a nostra volta: riprendere la campagna che aveva programmato Martin Luther King prima di essere ammazzato, lo spirito delle Black Panter… Da Papa Francesco arriva l’invito ad organizzarci, a criticare la democrazia borghese che non ci rappresenta e a superarla con il potere popolare».
Le elezioni? «Sono un teatrino ben congegnato per evitare che gli esclusi discutano un’agenda propria e non quella del capitale. Nessuno sa niente dell’acqua che ha avvelenato centinaia di persone nel Michigan, dei nativi espulsi con la forza nel Dakota e delle migliaia di persone che li appoggiano. Dei prigionieri politici come Mumia che stanno morendo nelle galere e dei nuovi che si aggiungono per le proteste. Parlare di democrazia negli Usa è una burla. Hanno creato una falsa polarizzazione tra Bernie Sanders e Trump per convogliare i voti dei moderati su Hillary Clinton: che ha le mani sporche del sangue di Berta Caceres, uccisa dal sistema creato dopo il golpe contro Zelaya. Abbiamo avuto il primo presidente nero, che da giovane ha lavorato nelle comunità, e al contempo la maggior quantità di migranti deportati, il maggior numero di negri e ispanici detenuti, oltre 3 milioni di carcerati senza contare quelli nei centri di detenzione, o per minori, o con il braccialetto elettronico. Qualunque inquilino vada alla Casa Bianca non decide, deve rispondere ai poteri forti. Alcuni di noi hanno sostenuto Sanders ma sono stati delusi. E ora ci asteniamo».
Claudia ha conosciuto la politica attraverso la religione: è stata «ministra di culto della chiesa Unità di Cristo, a Manhattan, dedicata a S. Romero delle Americhe, il vescovo salvadoregno che il popolo ha santificato prima del Vaticano. Una chiesa che ha nominato ministra di culto la prima donna nera, e il primo gay. Ci occupavamo dei prigionieri politici, di Haiti, avevamo relazioni con Cuba, con il Venezuela. Lì ho capito che il razzismo da noi è istituzionalizzato, è insito nel capitalismo: il concetto di supremazia bianca condiziona i poliziotti che uccidono, perché la vita di un nero povero vale di meno. E un nero povero è sempre considerato un criminale».
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