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Nel 2021 l’Italia ha speso 42 miliardi in fonti fossili

Nel 2021 l’Italia ha speso 42 miliardi in fonti fossiliThis Dec. 22, 2018, file photo shows a pump jack over an oil well along Interstate 25 near Dacono, Colo. Federal courts have delivered a string of rebukes to the Trump administration over what they found were failures to protect the environment and address climate change as it promotes fossil fuel interests and the extraction of natural resources from public lands. (AP Photo/David Zalubowski, File)

Legambiente Stanziati 7,2 mld in più di sussidi ambientali dannosi rispetto all’anno precedente

Pubblicato quasi 2 anni faEdizione del 30 novembre 2022

Il 2021 e il 2022 sono stati anni terribili per la transizione energetica ecologica di cui tanto si parla e poco si fa. Lo testimoniano i dati del report di Legambiente, «Stop ai sussidi ambientalmente dannosi», presentati nel corso del forum «QualEnergia» organizzato insieme a Kyoto Club e alla rivista La Nuova Ecologia, a Roma. «Nel 2021 in Italia sono stati stanziati direttamente o indirettamente 41,8 miliardi di euro per le fonti fossili. Ben 7,2 miliardi in più rispetto all’anno precedente», pari a un incremento del 21%. Una stima molto vicina a quella del Fondo monetario internazionale, secondo il quale l’Italia ha speso nel 2020 il 2,1% del Pil o 676 dollari procapite per sovvenzionare i combustibili fossili. Diversa è la stima del ministero dell’Ambiente che parla di 13 mld di euro l’anno, non considerando però sussidi come gli aiuti per le bollette.

«Il settore energetico – spiega l’associazione – è quello con più voci di sussidi, 31 per 12,2 miliardi; segue quello dei trasporti, 24 voci sempre per 12,2 miliardi. Negli ultimi 10 anni sono stati spesi in totale 214 miliardi per questo tipo di sussidi». Un numero complessivo, quello dei finanziamenti ai Sad (sussidi ambientalmente dannoso), riporta Legambiente, «destinato ad aumentare anche nel 2022 per gli effetti del Capacity Market con oltre 1 miliardo di euro all’anno per 15 anni, a cui si aggiungono 30 milioni all’anno, dal 2024 al 2043 per un totale di 570 milioni, dedicati ai due rigassificatori di Piombino e Ravenna. A queste si aggiungono le risorse spese per l’emergenza energetica pari a circa 38,9 miliardi euro».

Ma non tutto è perduto, perché secondo Legambiente, entro il 2025 una parte di questi 41,8 miliardi di euro di sussidi ambientalmente dannosi (13,4 diretti e circa 28,4 indiretti), può ancora essere eliminata. Ben 14,8 miliardi si possono recuperare per esempio cancellando i fondi «per le trivellazioni e per la ricerca su gas, carbone e petrolio, così come le agevolazioni fiscali per le auto aziendali, il diverso trattamento fiscale tra benzina gasolio, Gpl e metano, il Capacity Market per le centrali a gas e l’accesso all’Eco-bonus per le caldaie a gas».

Risparmi da investire per «una vera transizione energetica che punti su rinnovabili, reti, efficienza, mobilità, bonifiche e molto altro».

Per il presidente di Legambiente, Stefano Ciafani, «gli investimenti sulle rinnovabili e sugli accumuli sono strumenti di pace. Se l’Europa fosse stata indipendente dal gas russo avrebbe potuto fare un’azione diplomatica sulle Russia molto più incisiva».

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