Negare e rallentare, la strategia del governo contro la crisi climatica
Lacrime di coccodrillo Quando non è palesemente negazionista, l’attuale maggioranza mostra un atteggiamento attendista che sembra avere come unico obiettivo il rinvio dell’uscita dalle fonti fossili
Lacrime di coccodrillo Quando non è palesemente negazionista, l’attuale maggioranza mostra un atteggiamento attendista che sembra avere come unico obiettivo il rinvio dell’uscita dalle fonti fossili
L’appello del presidente della Repubblica Sergio Mattarella e degli altri cinque capi di Stato, nonostante sia formalmente indirizzato alla comunità internazionale, rappresenta l’ennesimo richiamo rivolto anche all’interno dei confini nazionali, dove la politica continua a ritardare quelle scelte che il mondo scientifico ha ormai delineato da anni come indispensabili per contrastare il cambiamento climatico in atto.
E se in passato poco o nulla è stato fatto, nei 10 mesi del governo Meloni la situazione sta decisamente peggiorando. Quando non è palesemente negazionista, l’attuale maggioranza mostra un atteggiamento attendista che sembra avere come unico obiettivo il rinvio dell’uscita dalle fonti fossili, dimenticando che non c’è più tempo per una transizione ecologica “lenta”.
L’Italia continua così ad aspettare l’approvazione del Piano Nazionale Integrato Energia Clima (Pniec) che, rispetto a quanto si è discusso fino ad oggi, dovrà mostrare molto più coraggio andando rapidamente verso l’abbandono dei combustibili fossili e il 100% di energia rinnovabile (che nel settore elettrico si può raggiungere in dieci anni): la sintesi recentemente inviata dal ministero dell’Ambiente a Bruxelles sembra non avere una visione chiara, appare contraddittoria e, pur dichiarando di voler perseguire la decarbonizzazione, prevede molti diversivi per rallentarla.
Siamo poi ancora in attesa che venga definitivamente varato il Piano Nazionale di Adattamento al Cambiamento Climatico (Pnacc) e che soprattutto si entri in una fase davvero operativa con scelte precise e conseguenti investimenti per prepararci a gestire gli effetti della crisi climatica su persone ed ecosistemi.
E se, a differenza di altri Paesi, l’Italia non ha ancora una legge sul clima, è scomparsa dall’orizzonte pure la legge per contrastare il consumo del suolo: una vera e propria piaga che, nel nostro Paese, con l’impermeabilizzazione dei terreni, rende ancora più devastanti gli eventi meteorologici estremi legati al cambiamento climatico.
A livello europeo, poi, il governo italiano si fa sempre più spesso portavoce di istanze retrograde, sia nel contrasto al cambiamento climatico che nella difesa della biodiversità, l’altra grande sfida che l’umanità ha di fronte. Ancora brucia il voto contrario espresso, a nome del governo, dal ministro dell’Ambiente Pichetto Fratin sulla Nature Restoration Law, la prima legge europea con obiettivi certi di ripristino degli ecosistemi danneggiati. Una scelta “suicida” visto che la natura rappresenta il nostro migliore alleato nel contrastare il cambiamento climatico, avendo assorbito il 54% delle emissioni di anidride carbonica causate dall’uomo nell’ultimo decennio e contribuendo così a proteggere l’umanità da rischi molto più gravi di quelli che già sta vivendo.
Proprio il ministro Pichetto Fratin pochi giorni fa si è commosso davanti ad una ragazza preoccupata per il peggioramento ambientale del Pianeta su cui dovrà vivere. Non abbiamo motivo di dubitare della sensibilità del ministro, ma al di là di quelle lacrime non possiamo che richiamarlo alla sua responsabilità di uomo di governo che, con le sue scelte, può fare la differenza. Fino ad oggi non l’ha fatta.
*Responsabile Affari Legali e Istituzionali Wwf Italia
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento