Alejandro Tena, giornalista di Pubblico, quotidiano online della sinistra spagnola, ci informa che nel territorio della regione di Navarra 28 comuni si sono costituiti in una comunità energetica. La notizia infonde speranza a tutti coloro che hanno a cuore e lottano per la giustizia climatica. Nello stesso tempo suscita anche un pizzico di invidia, se solo si pensa ai ritardi accumulati dal nostro paese nella lotta al cambiamento climatico.

Vediamo schematicamente il progetto. Ogni municipio dei 28 aderenti alla comunità energetica ha messo a disposizione tutte le coperture pubbliche valide per generare elettricità pulita e rinnovabile: tetti su cui si installeranno 7967 pannelli fotovoltaici che copriranno una superficie di 23900 metri quadri. Immagino lo sguardo di orrore (a volte comprensibili, altre volte invece assai meno), delle nostre soprintendenze.

Questi pannelli una volta collocati svilupperanno una potenza di 3584 KW che sarà ripartita tra 5377, abitazioni e imprese, che hanno aderito a questo progetto di comunità, abbattendo 22405 tonnellate di CO2 all’anno, un po’ come se si piantassero di botto più di 89mila alberi.

Un progetto ambizioso e innovativo di cui voglio valorizzare alcune particolarità. Intanto fotografa il carattere democratico del modello rinnovabile, perché non centralizzato ma diffuso sul territorio e quindi vicino alle persone che smettono di essere semplici utenti, diventando i controllori l’energia che usano, in pratica trasformandosi in protagonisti delle scelte energetiche.

Nell’ambito della comunità energetica ogni comune aderente potrà gestire autonomamente l’elettricità prodotta dai pannelli fotovoltaici, adattandosi alle necessità dei suoi soci, soprattutto sentendosi libero di investire risorse in maggiore tecnologia.

Altro elemento da tenere in considerazione sta nel fatto che il progetto non è un’oasi in un deserto fossile. Il passaggio alla fase operativa è stato subissato di domande di adesione, tanto che si pensa di arrivare rapidamente a coinvolgere 50 comuni. Stiamo parlando soprattutto grandi città come Almeria, Siviglia, Valladolid, Alicante che intendono replicare l’iniziativa sui propri territori.

Le speranze di una rapida generalizzazione del progetto non sono campate in aria. La comunità energetica è finanziata con i fondi del Pnrr spagnolo, che ha fatto dello sviluppo dell’autoconsumo una delle priorità strategiche per fare uscire la Spagna dal fossile, tanto che in pochi anni la sua diffusione ha raggiunto una potenza equivalente a quella che potrebbero generare due centrali nucleari.

Nessun facile entusiasmo, c’è ancora molta strada da fare per consolidare e fare diventare prevalenti queste esperienze in tutta la Spagna, ma la direzione di marcia è decisamente quella giusta. È bello, confortante, di buon auspicio per il futuro ascoltare le dichiarazioni dei sindaci coinvolti nella comunità energetica quando affermano che gli obiettivi dell’iniziativa non si esauriscono alla lotta al riscaldamento globale, ma perseguono anche la sovranità e la democrazia energetica.

Il governo progressista di Sanchez e quello portoghese di Costa sono sicuramente le esperienze più importanti nella lotta al cambiamento climatico. Il pericolo che corrono questi innovativi cambiamenti sull’esempio di esperienze e come questa che si realizza in Navarra, è che vengano oscurati.

Ho parlato anche di un pizzico di invidia perché nel nostro soleggiato Belpaese, nonostante i prezzi proibitivi del gas, da quasi un anno si blatera solo di come sostituire il gas russo con quello di paesi come Egitto, Qatar o Stati Uniti e di spendere ingenti risorse per acquistare i rigassificatori, mentre le comunità energetiche sono guardate con ostilità, sovraccaricate di ostacoli, al punto che da due anni attendono decreti attuativi per essere messe nelle condizioni di poter partire avviando il cambiamento anche in Italia.