Morti, feriti, raid aerei. Si riaccende la frontiera tra Gaza e Israele
Territori occupati I comandi militari israeliani dispiegano un altro battaglione intorno alla Striscia dove si intensificano le manifestazioni di protesta palestinesi e i lanci di palloncini incendiari.
Territori occupati I comandi militari israeliani dispiegano un altro battaglione intorno alla Striscia dove si intensificano le manifestazioni di protesta palestinesi e i lanci di palloncini incendiari.
Erano in centinaia ieri ai funerali di Majdi Ghabayen, 18 anni, di Beit Lahia. Il 13 settembre era stato ferito dall’esplosione di un ordigno lungo le linee di demarcazione con Israele che aveva causato sei morti e 25 feriti. Il giovane si è spento nella notte di domenica. È il secondo giovane ucciso da quando sono riprese le manifestazioni a ridosso delle barriere tra Gaza e Israele. Da giorni migliaia di palestinesi si radunano nelle aree che nel 2018 furono i luoghi della «Marcia del Ritorno» organizzata dal «Comitato contro l’assedio di Gaza» ma sostenuta, dietro le quinte, dal movimento islamico Hamas al potere nella piccola porzione di territorio palestinese. Anche ieri altri feriti, una ventina.
Israele intensifica la sua azione militare. Domenica ha preso di mira con l’artiglieria e l’aviazione presunti posti di osservazione di Hamas e un «centro di comando palestinese» dopo lanci di palloncini incendiari – avvenuti anche ieri – che hanno provocato roghi nelle campagne israeliane. Intorno a Gaza è stato dispiegato un altro battaglione dell’esercito e domenica il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant si è recato sul confine insieme al capo di stato maggiore Herzi Halevi.
Israele accredita la tesi secondo cui la ripresa dei raduni e dei lanci di palloncini sarebbe il modo con cui Hamas segnala indirettamente al Qatar, suo storico sponsor, l’insoddisfazione per il mancato aumento dell’aiuto mensile, per decine di milioni di dollari, che il paese del Golfo manda a Gaza a sostegno della popolazione. I palestinesi la confermano solo in minima parte. Piuttosto, spiegano, il motivo principale è la chiusura dei valichi decisa il 15 settembre da Israele in risposta alle manifestazioni riprese sul confine orientale. Il varco sigillato di Erez colpisce 17.000 manovali palestinesi che hanno il permesso di lavoro in Israele. Un danno enorme per migliaia di famiglie di Gaza che crea instabilità e tensioni che Hamas non vuole. Negli ultimi mesi è aumentato lo scontento della popolazione verso il suo governo accusato, a torto e a ragione, di «incapacità».
I movimenti islamisti intanto alzano l’asticella dello scontro armato con Israele. Qualche giorno fa Hamas, Jihad e il Fronte popolare (Fplp, sinistra), hanno tenuto un incontro al vertice a Beirut. Al termine hanno annunciato che intensificheranno gli attacchi contro coloni e militari israeliani, in particolare in Cisgiordania.
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