Fresche della contestazione alla ministra per le Pari opportunità e la famiglia Eugenia Roccella, costata 29 denunce, le attiviste di Non Una di Meno rispondono all’attacco del governo sulla contraccezione. Lo fa Eleonora Mizzoni, impegnata nelle lotte alla salute sessuale e riproduttiva.

Quando avete contestato la ministra Roccella al Salone del libro di Torino pensavate anche al tema della pillola?

L’attacco ai diritti riproduttivi va avanti da tanto, ma adesso è più radicato e assolutamente reale. Rispetto al rigetto della contraccezione gratuita c’è un filo rosso che arriva da lontano: è stato anche quello a spingerci alla manifestazione nazionale del 6 maggio e alla contestazione della ministra. Questa non è stata solo sull’aborto, ma anche per la contraccezione gratuita. Ormai ci si muove attraverso le aporie della 194 e di un sistema sanitario regionale che cambia a seconda di chi governa. L’interruzione volontaria di gravidanza (Ivg) ne è un esempio perfetto, ma lo confermano anche i fondi ai gruppi antiabortisti.

La decisione dell’Aifa per la gratuità è stata messa in discussione dopo le pressioni politiche del governo.

Abbiamo pensato a un possibile dietrofront subito dopo l’annuncio della gratuità. È comunque molto grave perché vuol dire posticiparla all’infinito. Proprio quando sul terreno dei diritti si registrano molte mancanze. Per il governo la risposta alla denatalità è limitare la contraccezione, mentre sappiamo invece che bisognerebbe migliorare il welfare, finanziare gli asili nido, superare gender gap e discriminazioni sul lavoro. Sempre nell’ottica in cui è l’autodeterminazione a dover prevalere. Non è costringendo le donne a rimanere incinte che si cambia il trend.

La pillola viene vista da destra e anti-choice come un modo per limitare la natalità. Ma oltre a essere un contraccettivo è un’importante strumento per alcune patologie femminili.

Innanzitutto si tiene poco conto delle disparità economiche di queste patologie ancora non riconosciute dal sistema sanitario, se non a stadi avanzati. Parlo di vulvodinia, endometriosi, nevralgia del pudendo, che sono a carico delle pazienti e gravano su di loro con una media di 500 euro al mese. Alcune di esse riguardano molte donne, ad esempio la vulvodinia una su sette. Questa è una guerra di genere, significa non tener conto del benessere di una gran parte della popolazione.

Tra l’altro la legge prevederebbe già la contraccezione gratuita.

Purtroppo sono poche le regioni che negli anni hanno tentato questa via. Toscana, Puglia ed Emilia Romagna hanno comunque incontrato grossi limiti nell’applicazione a causa dei pochi fondi e di regole troppo rigide. Penso ad esempio alla Toscana, dove la pillola è gratuita fino ai 26 anni e dopo soltanto se hai affrontato un’interruzione volontaria di gravidanza.

Spesso l’Aifa si è dimostrata molto cautelativa sulla salute sessuale femminile, penso al ritardo sulla Ru486 o ai limiti sulla pillola del giorno dopo. Cosa che ha fatto esultare destra e anti-choice.

Il quadro generale è questo: le associazioni antiabortiste sono a braccetto con le destre regionali e sfruttano i problemi della legge sull’aborto e il definanziamento generale della sanità. Per esempio a Pisa, 90mila abitanti, l’unico consultorio della città ha a disposizione solo mille preservativi. Sono questi i numeri anche dove c’è la gratuità.

Questo governo vuole puntare fortemente sulla natalità, un’idea assai lontana dal vostro femminismo.

Una settimana fa a Roma ci sono stati gli stati generali della natalità: hanno partecipato multinazionali italiane, esponenti di associazioni antiabortiste, politici e il Papa. È questa la loro idea. C’è una schizofrenia di fondo. Da una parte si parla della stirpe italica e della morbosa necessità di far riprodurre le coppie italiane. Dall’altra si registrano l’attacco violento alle coppie omogenitoriali sulle adozioni, le politiche migratorie che non funzionano e la lotta ai poveri, con la cancellazione del reddito di cittadinanza. Non si parte dal benessere dei cittadini, ma da quello del feto. Per i suoi diritti Gasparri ha persino presentato una proposta di legge.